Meno conosciuti del Monte Vesuvio, i Campi Flegrei sono una regione vulcanica situata nella regione Campania, nel sud dell’Italia, attiva da migliaia di anni e che continua a rappresentare una minaccia potenziale a causa della sua storia di significative eruzioni vulcaniche e fenomeni geotermici conosciuti sin dall’antichità.

Sono caratterizzati da una serie di crateri vulcanici, caldere e fumarole (emissioni di gas vulcanici) che si estendono su una vasta lungo la costa occidentale della città di Napoli. Invece di trasformarsi in una montagna tradizionale, una caldera è un’ampia depressione, generalmente di forma circolare, prodotta in seguito allo svuotamento parziale o totale di una camera magmatica e al conseguente sprofondamento del vulcano sovrastante.

Le caldere possono avere dimensioni diverse, da poche centinaia di metri a diversi chilometri di diametro e possono essere occupate dalle acque, come il Lago Crater nell’Oregon, o da vegetazione, come la caldera di Yellowstone negli Stati Uniti.

I Campi Flegrei hanno una forma di depressione di circa 14 km di diametro. E proprio a causa della vicinanza di Napoli e della densa popolazione circostante, rappresentano una potenziale minaccia per la sicurezza pubblica.

L’attività sismica in questa zona, si è intensificata nell’ultimo anno e soprattutto negli ultimi mesi con più di 80 eventi verificatisi nelle prime ore di mercoledì mattina presto, il più forte dei quali è stato un terremoto di magnitudo 4.2, il più forte degli ultimi 40 anni, che ha fatto crescere la preoccupazione per il rischio di un’eruzione su un’estesa area.

Quasi mezzo milione di residenti vivono in quella che la Protezione civile italiana ha designato zona rossa, l’area a più alto rischio, mentre nella zona gialla, inclusa una parte della città di Napoli, vivono altre 800 mila persone. A differenza del vicino vulcano Vesuvio, la cui eruzione nel 79 d.C. cancellò dalle mappe le antiche città romane di Pompei ed Ercolano, i Campi Flegrei sono una caldera formatasi 39 mila anni fa dopo che un’eruzione la svuotò dal magma, e che tuttavia è molto più attiva del Vesuvio.

I terremoti hanno indebolito la cima della caldera, mentre la pressione al di sotto di essa aumenta maturando le condizioni per una rottura.

Secondo uno studio prodotto a giugno congiuntamente da accademici dell’Istituto nazionale di geofisica italiano e vulcanologia (INGV) e la University College London (UCL), ha concluso che il grande “vulcano” era prossimo al punto di rottura e in uno stato estremamente pericoloso.

Una ripresa dell’attività all’inizio degli anni 80 del secolo scorso, portò all’evacuazione di 40 mila abitanti. Le autorità hanno elaborato adesso un piano di evacuazione in base al quale i residenti verranno spostati utilizzando i propri mezzi o quelli pubblici entro tre giorni. Il livello di rischio viene rivisto mensilmente.

Sono due i possibili scenari relativi all’evoluzione di questa situazione. L’ipotesi migliore è che la crisi di bradisismo in corso termini come accaduto nel 1984, quella peggiore è un’eruzione simile a quella del 1538.