“Ti sorprenderebbe vedere cosa riescono a fare gli addetti ai lavori per rendere un corpo presentabile”. Così, Dugina nella bara sembra una giovane donna dormiente, come le statue funebri medievali, il volto assopito, circonfuso da un velo, una corona di santi posata sulla fronte liscia.
Secondo la Stampa, la foto fatta circolare della giovane Darya Dugina nella bara prima delle esequie, ricorda quella degli ultimi fotogrammi del film di Eisenstein “Ivan il Terribile” con la morte della zarina; secondo alcune teorie eccentriche, la donna non sarebbe morta nell’esplosione: ai sostenitori di codesta bizzarra e complottistica teoria, parrebbe impossibile che un corpo che si trovava in un’auto della quale restano solo macerie, possa essere così ricomposto nel sarcofago, prima della sepoltura. Certamente, questo è il primo pensiero, al quale deve tuttavia subito seguitare la consapevolezza che quasi nessun corpo, oggi, sfugge al trattamento prima delle esequie, così da venir presentato ai parenti, prima dell’estremo commiato, nel modo più presentabile possibile. Talvolta, ai cadaveri vengono applicate maschere in silicone, così come è stato fatto per il beato Carlo Acutis, il cui corpo appare tuttora intatto ai fedeli, in cerca di nuovi Santi.
Eppure, nonostante l’ovvietà, anche il The Nation view, grida al mistero: perché, si chiedono i media, il viso di Dugina sembra perfetto, senza graffi e ferite evidenti?
Un giornalista de La Stampa, Jacopo Iacoboni, posta su Twitter due foto a confronto: “A destra il volto di Daria Dugina nella bara esposta al funerale, a sinistra ciò che è rimasto della sua macchina è sua”. Fioccano i commenti. “Inquietante”, scrivono.
Ma non è tutto. Dietro infatti al pleonastico, sorge l’ideologia: per alcuni, si tratta di una “santificazione” della figlia di Aleksandr Dugin, che viene descritta come “eroina morta per la Russia. Per i russi”, teoria sostenuta anche da Elena Kostioukovich, la traduttrice in russo di Umberto Eco.
È possibile comprendere la mitizzazione di una ragazza morta a soli 29 anni, ma non l’allarme del complotto, che sfiora l’assurdo.