Nel giorno di san Valentino, vescovo martire ucciso nel 273 sotto l’imperatore Aureliano, vi propongo questa bella e profonda riflessione del professor Cavallero.
L’immagine mostra un uomo che, sul fondo di una chiesa vuota, è certamente alla ricerca di qualcosa che nel mondo con tutte le sue pretese perfezioni non trova. Perché è entrato? Sicuramente non per calcoli politici (ci sono ben altre strategie per questo) e, in senso lato, nemmeno per diventare ricco. È molto più probabile che abbia semplicemente delle difficoltà, o degli interrogativi per i quali trovare una risposta, un appagamento o una consolazione.
Abbiamo saputo in questi giorni che la mozione ticinese per l’insegnamento di una “storia delle religioni” è stata ritirata. I suoi promotori hanno mostrato di non essere contenti del risultato finora raggiunto. Qualche giornale lancia un po’ di fuocherelli e di fiammelle per dire che insomma la storia non finisce qui. Eppure tutti, beninteso se ragionano, dovrebbero rendersi conto che manca nelle considerazioni finora espresse la domanda fondamentale: perché in tutte le civiltà esiste la religione? Ciò significa chiedersi perché di fronte a questo bisogno il potere politico di tutti gli Stati (dai più democratici a quelli nefandi storicamente e ideologicamente) è sempre stato impotente, sia pretendendo di indigare la religione in strutture oppressive, sia facendosene scudo per sue più o meno encomiabili esigenze.
C’è un magnifico libro, scritto nell’Ottocento, da un condannato famoso: “Le mie prigioni” di Silvio Pellico. È un’autobiografia, che narra le vicissitudini del suo Autore, detenuto per una decina d’anni nelle carceri austriache, dapprima a Milano e ai Piombi di Venezia, poi allo Spielberg di Brno, uno dei luoghi più sinistri dell’epoca. Chi legge quelle pagine incontra di tutto: dall’ateismo e odio religioso più implacabile, all’indifferenza, alla scoperta improvvisa di un Dio mai conosciuto e tanto meno praticato. C’è la figura di Giuliano, che rifiuta di proseguire un dialogo con il suo corrispondente segreto perché quest’ultimo affronta temi religiosi. Ci sono i sacerdoti confessori del carcere, alcuni solo intenti a estorcere ai condannati i segreti politici, altri pieni di commiserazione e pietà cristiana. E giganteggia la figura di Schiller, il carceriere buono, che pur poco istruito fa di tutto per soccorrere coloro che devono sopportare il “carcere duro” e quello “durissimo”.
Lo Spielberg (presso Brno), oggi
Ecco, se si vuole affrontare con profitto “storia delle religioni” bisogna proprio porsi innanzitutto la domanda sui bisogni che lo Stato, pur intraprendente e perfetto, non riuscirà mai a colmare. Poi capire come la religiosità fu vissuta e praticata lungo i secoli. Naturalmente non ignorando tutte le aberrazioni che le sono state imposte dai governanti e persino da certi pontefici. Perché anche questa è cultura, formazione dell’individuo. E non si può comprendere la storia dell’Europa se non si cerca di trovare le risposte adeguate, nel campo della cultura in generale, della letteratura, dell’arte, della pietà popolare.
Franco Cavallero