Chi desideri esaminare un esempio pratico della “conquista dell’egemonia culturale” di cui parlava Antonio Gramsci e voglia farlo attraverso quella letteratura popolare così amata dal pensatore sardo non ha che da leggere la quadrilogia del “banchiere nero” , un ciclo di romanzi noir , tutti editi dai tipi dei “Fratelli Frilli, scritti dallo scrittore milanese Ippolito Edmondo Ferrario, i quali hanno per protagonista il banchiere Raul Sforza, conosciuto come “il banchere nero” per i suoi trascorsi nella destra eversiva milanese e sanbabilina.
Per usare un’altra espressione cara a Gramsci Scorza viene descritto come un “superuomo di massa”, un uomo dalle qualità eccezionali, per quanto volte al male , cui illimitate disponibilità finanziarie e un’intelligenza acuta e spietata rendono possibili le imprese più parossistiche come avere la meglio da solo sulla magistratura, sui servizi segreti e la criminalità organizzata.

Fin dal primo libro che compone la quadrilogia Scorza soggioga, ponendolo sotto ricatto per i suoi rapporti con la ndrangheta , il neo sindaco di Milano Enrico Villa, leader di un partito populista chiaramente ispirato a Matteo Salvini, divenendo la sua eminenza grigia.
Scorza non si limita a tenere in pugno Villa-Salvini ma non esita a deriderlo ed umiliarlo , ad esempio costringendolo ad un rapporto orale con uno sconosciuto in un parcheggio, per il sollucchuro, immaginiamo, dei lettori di sinistra.
Inoltre lo costringe ad adottare politiche del tutto opposte al suo programma elettorale favorendo a Milano politiche di inclusione ed accoglienza degli stranieri, ad esempio creando un reparto speciale composto da stranieri nel seno della Polizia Locale milanese.
Non è chiaro perché un uomo dalle caratteristiche di Sforza debba perdere tempo e denaro per perseguire questi fini, che non gli arrecano alcun tornaconto personale, l’unica spiegazione razionale è che Sforza stesso sia un uomo di quei poteri forti che afferma di osteggiare e che invece lo utilizzano per infiltrarsi ai vertici di un partito populista influenzandone le politiche , dettaglio che volutamente l’autore lascia all’oscuro ai lettori.
Nell’ultima fatica di Ferrario, ora alle stampe “i fantasmi del banchiere nero”, del resto la vicenda del “banchiere nero” si avvia verso una petulante correttezza politica e un evidente sforzo di rendere il personaggio accettabile per i lettori radical chic e Sforza trascorre gran parte del suo tempo a giustificarsi con la giornalista lesbica di sinistra coprotagonista del romanzo che lo incalza con le sue accuse di correità con le persecuzioni razziali, cercando di dimostrare di non essere mai stato “fascista” e che i suoi trascorsi sono semplicemente bravate giovanili.

Il cerchio è, evidentemente chiuso e le casematte della cultura popolare sono ormai espugnate , anche nell’ex roccaforte nera di San Babila: romanzi polizieschi, cinema, musica, fumetti non fanno che ripetere la propaganda del “moderno Principe”.
Fabio Traverso