Oggi, nel Giorno dei Morti, è una buona occasione per riflettere sulla morte, un concetto che ha da sempre occupato un posto centrale nella mente umana, suscitando paura, mistero, ma anche una forma di contemplazione profonda. La morte è un confine, una soglia tra ciò che conosciamo e l’ignoto, una transizione che, nonostante l’ineluttabilità, porta a continue domande e riflessioni su cosa significhi esistere.
In molte culture, la morte non è vista come una fine definitiva, ma come un passaggio, una sorta di viaggio verso una dimensione diversa. Il Giorno dei Morti, ad esempio, è un modo per riconnettersi con chi ci ha lasciato, come se la morte non separasse del tutto. In Messico, per esempio, il Día de los Muertos celebra i defunti come fossero ancora tra noi, con altari colorati, cibi e offerte, in una festa che mescola ricordo e gioia.
Poi ci sono le riflessioni più personali. Quando la morte ci colpisce direttamente, come nel caso del tuo amico che, colpito dall’ictus nel Giorno dei Morti di tre anni fa, lotta per tornare “come prima”, ci ricorda la fragilità della vita e l’inevitabilità del cambiamento. Ma anche il desiderio di resistere, di tornare migliori, di trovare forza in questa sfida. La morte è lì, sì, ma la vita continua, a volte con più forza di prima.
Forse, in fondo, è questo il significato più profondo del Giorno dei Morti: riconoscere la morte, ma anche il potere del ricordo e della connessione, che continuano a mantenerci vivi attraverso il tempo e le difficolta’.