Oggi ci sono persone che si rifiutano di prendere la particola consacrata tra le mani in nome della ” Purezza” del Sacramento…proprio come in passato Giovanni Hus, eretico, pretendeva di prendere il vino consacrato ad ogni costo.

Costanza, 1415 – Il Concilio , con la dottrina della concomitanza, difende l’integrità della fede cattolica contro l’errore del riformatore boemo.

Nel cuore della cristianità occidentale, nel 1415, si consuma uno degli episodi più drammatici e decisivi della lotta contro l’eresia: Giovanni Hus, sacerdote e teologo boemo, viene condannato dal Concilio di Costanza per aver attaccato i fondamenti della fede cattolica. Tra i suoi errori più gravi figura la negazione della dottrina della concomitanza, ossia l’insegnamento secondo cui Cristo è pienamente presente in ciascuna delle due specie eucaristiche, sia nel pane che nel vino.

L’attacco al mistero eucaristico

Hus, ispirato dalle teorie già condannate di John Wycliffe, pretendeva che il calice dovesse essere sempre offerto anche ai fedeli laici, accusando la Chiesa di tradire il Vangelo per non permettere la comunione “sotto le due specie”. Ma ciò che Hus contestava non era una prassi secondaria: metteva in discussione il potere della Chiesa di amministrare i sacramenti secondo la retta dottrina e accusava ingiustamente il magistero di infedeltà.

La Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ha da sempre insegnato che l’intera sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo è contenuta sia nella specie del pane che in quella del vino. Questa verità, definita con chiarezza nei secoli, preserva la dignità del sacramento eucaristico e tutela il senso del mistero, evitando abusi e profanazioni.

Una ribellione mascherata da riforma

L’errore di Hus non fu semplicemente dottrinale. Fu una ribellione contro l’autorità della Chiesa, che egli accusava di corruzione e decadenza, come se la santità della Chiesa dipendesse dalla perfezione dei suoi membri. Ma la fede cattolica insegna che la Chiesa è santa nonostante le debolezze umane, perché fondata da Cristo stesso e guidata dallo Spirito.

Dietro l’insistenza sul calice vi era una rivendicazione soggettivista, che anteponeva il giudizio individuale al magistero ecclesiale, aprendo la via a quella frattura dolorosa che, un secolo dopo, culminerà nella Riforma protestante. Non è la singola coscienza a stabilire la verità, ma la Chiesa, custode dell’unica rivelazione affidatale da Cristo.

Il giudizio del Concilio

Il Concilio di Costanza, riunito per ristabilire l’unità della Chiesa dopo lo scisma e per combattere le eresie, riconobbe in Hus un pericoloso diffusore di dottrine false, capace di sovvertire non solo la fede ma anche l’ordine ecclesiale e politico. Dopo un processo giusto e attento, Hus fu condannato come eretico ostinato e impenitente, e consegnato al braccio secolare.

La sua morte servì a preservare la purezza della dottrina e a ricordare che la verità non può essere modellata secondo il sentimento personale o l’ideologia del momento. Chi attacca l’Eucaristia, attacca Cristo stesso.

Fedeltà alla verità

Nel nostro tempo, dove l’individualismo e il relativismo minacciano la fede, l’errore di Hus torna ad ammonirci: non si può amare Cristo rifiutando la sua Chiesa. La comunione piena con Cristo passa attraverso la comunione con la dottrina e la gerarchia apostolica. Il calice, che Hus pretendeva per tutti, è oggi offerto con generosità laddove è giusto e sicuro, secondo la sapienza della Chiesa. Ma non è il calice materiale a salvare, bensì la fede umile e obbediente, che riconosce l’autorità di Cristo nella voce della sua Chiesa.

L’eresia del calice, dunque, fu molto più che una questione liturgica: fu l’anticipo di una ribellione spirituale che cercava di separare Cristo dalla sua sposa, la Chiesa. E per questo fu giustamente respinta con fermezza.

Liliane Tami