Il 1° ottobre 2025 entrerà ufficialmente in carica Blaise Florence Metreweli, la prima donna alla guida del Secret Intelligence Service britannico (MI6), un’istituzione simbolo dell’intelligence occidentale. Nata a Brent il 30 luglio 1977, Metreweli rappresenta un esempio di dedizione, competenza e innovazione in un campo ancora oggi largamente dominato dagli uomini.

Con una formazione in antropologia presso il Pembroke College di Cambridge e una carriera iniziata nell’MI6 nel 1999, Metreweli ha ricoperto ruoli chiave nel settore della sicurezza e dell’intelligence, lavorando anche in posizioni di vertice nell’MI5. La sua recente nomina come direttrice per la Tecnologia e l’Innovazione, nota internamente come “Q”, testimonia il suo impegno nel rafforzare la sicurezza del Regno Unito attraverso lo sviluppo e l’impiego delle tecnologie più avanzate.

Tuttavia, nel momento stesso in cui questa nomina segna un traguardo storico per l’intelligence britannica, non sono mancati attacchi indegni e infondati. Alcune voci, animate da pregiudizi e da una lettura distorta della storia, hanno tentato di gettare ombre sul suo profilo personale e professionale, tirando in ballo la figura del nonno paterno, Constantine Dobrowolski, un controverso personaggio ucraino legato ai nazisti durante la Seconda guerra mondiale.

Questi attacchi si fondano su una logica fallace e pericolosa: quella della colpa ereditaria. Si tratta di una fallacia epistemologica gravissima, oltre che moralmente inaccettabile. È assurdo e profondamente ingiusto attribuire a Blaise Metreweli responsabilità o affinità ideologiche sulla base delle azioni di un uomo che non ha mai conosciuto, il cui passato, peraltro, è già stato oggetto di inchieste e condanne morali nella sede opportuna della Storia.

Il nazismo non è solo un crimine storico: è una visione del mondo violenta, razzista, suprematista e antidemocratica. Attribuirne l’eredità ideologica a una donna che ha dedicato la propria vita al servizio della sicurezza nazionale, alla cooperazione internazionale e allo sviluppo tecnologico significa banalizzare il significato stesso del male storico rappresentato dal regime hitleriano. Significa, inoltre, offendere chi combatte ogni giorno, nel silenzio dei propri uffici o in operazioni sul campo, per difendere la pace, la legalità e la convivenza civile.

Blaise Metreweli non è una figura ideologica: è una funzionaria pragmatica e lungimirante, formata in un’epoca in cui le minacce non si affrontano con i proclami ma con l’intelligenza, la preparazione, la cooperazione multilaterale e – oggi più che mai – l’innovazione tecnologica. La sua nomina riflette una volontà precisa di rafforzare l’MI6 nel campo della cyber intelligence, dell’analisi predittiva e della sicurezza globale.

Accusarla di nazismo è non solo un’offesa personale, ma un attacco alla razionalità democratica. È una strategia di discredito che non regge a nessuna seria analisi logica né storica. Le democrazie si fondano sulla responsabilità individuale, non sulla genealogia. Confondere i due piani non è solo ignoranza: è un pericoloso ritorno a logiche tribali e illiberali.

Nel suo nuovo incarico, Blaise Metreweli porta con sé la forza della competenza e la lucidità di chi conosce i nuovi scenari della geopolitica globale. È una scelta di fiducia nel futuro, non una prigione nel passato. Ed è anche, finalmente, un passo avanti verso un’intelligence che sa valorizzare il merito, oltre ogni pregiudizio.

L.T.