“Quello che voglio io è un grande Stato, con Roma al centro di tante piccole “Rome”, in cui gli uomini e le donne liberi obbediscono alle stesse leggi, percorrono le stesse strade, godono degli stessi diritti e, soprattutto, vivono in pace, riconoscono di appartenere a un unico organismo. Oggi ci sono i romani e i barbari, domani saranno la stessa cosa.” Così Caio Giulio Cesare, conquistatore delle Gallie, parla a Berild, “Orsa di guerra”, principessa e ostaggio, rinominata e romanizzata “Giulia Bera”, figlia di Ariovisto, defunto traditore gallico dello stesso Cesare. “Dovrai combattere, non tutto il mondo vuole essere Roma, non tutti vogliono prendere il tuo nome e chiamarsi Giulio” gli risponde Giulia Bera. Più avanti, nel monumentale romanzo storico, un’altra donna, ben più nota, si rivolge così a Cesare: “ho visto gli uomini che sono con te, oltre agli italici ci sono Ispanici, Galli e Germani. Li hai sconfitti, ora combattono al tuo fianco, ad alcuni addirittura affidi la tua vita.[…]” a parlare è Cleopatra VII, ultima dei Tolomei e ultima sovrana d’Egitto e, indicando il corpo di Alessandro Magno chiuso nel sepolcro di alabastro (il Graal mai rinvenuto degli archeologi), prosegue: “lui ha fatto la stessa cosa con i Persiani, i Medi, gli Egizi, i Battriani e tutti gli altri: prima li ha battuti, poi li ha accolti nella sua famiglia, ecco perché ho fiducia in te”.
Cristoforo Gorno evoca scene sfolgoranti, epifaniche manifestazioni di voluttà e riflessione, adrenalina e commozione, che compaiono davanti allo sguardo del lettore. Pare di assistere a un kolossal cinematografico perfetto e filologico, fino ad ora mai creato, nelle quali la seduzione della narrativa si unisce, in un felice equilibrio, con la veridicità storica. Io sono Cesare – memorie di un giocatore d’azzardo è una potente autobiografia immaginata del più grande generale di tutti i tempi, che effettivamente non perse mai una battaglia – se non quella minore di Durazzo, recuperata poi con gli interessi, contro Pompeo, a Farsalo, nel 48 a.C. Così, ad esempio, l’Autore rievoca il momento più drammatico della battaglia di Munda, l’ultima combattuta da Cesare contro i figli di Pompeo, nella quale il generale pensò addirittura al suicidio. “Appoggiai la spada al petto, un centurione più vicino, gli ordinai di aiutare la mia mano a spingere la lama nella carne, spalancò gli occhi esitando, ‘ti ammazzo e poi chiamo un altro’ lo minacciai. Si avvicinò e prese la mia mano, un grido ci fermò. ‘ stanno scappando’ diceva ‘abbiamo vinto’. A parlare è lo stesso Cesare, che successivamente, a sua discolpa di fronte alle decine di migliaia di Romani morti perché schieratisi con Pompeo, pronuncerà la celebre frase: “Hoc voluerunt” – “lo hanno voluto loro”. Le motivazioni di Cesare vengono riprese da Gorno in un’ottica introspettiva, umbratile, eloquente: Cesare giustifica il proprio dominio sul mondo barbaro e la sua inarrestabile ascesa su Roma (da edile, a pontefice massimo, a console, a imperator, a dictator) con la creazione di un’universalità più giusta ed equa, dove tutti possano dirsi Romani e, dei Romani, vantare i diritti – cosa che avverrà effettivamente solo in epoca imperiale, ma che deve il suo principio proprio a Giulio Cesare. Per esempio, è il Rubicone il fiume che Cesare varca pronunciando la celebre frase che fa di lui, per l’appunto, un giocatore d’azzardo: “alea iacta est, – il dado è tratto” – alla quale l’Autore ha anche dedicato un’intensa puntata su Rai Storia, disponibile su Rai Play dal titolo “Giulio Cesare – Cronache dalla Guerra Civile”, il fiume, dunque, che nel 49 a.C. separa l’Italia dalla Gallia Cisalpina; e sarà proprio la Gallia Cisalpina, grazie a Cesare, a divenire finalmente “Italia”, ovvero parte dell’Impero.
Il Giulio Cesare di Cristoforo Gorno è probabilmente la caratterizzazione più riuscita di sempre di un personaggio storico calato in un vigoroso romanzo storico che tra i molti meriti, ha quello di romanzare poco e raccontare molto il vero, detto in altre parole, di rendere la storiografia stessa un romanzo.
Dietro la penna ricca e fulminea, precisa e immediata di Gorno, il lettore più esperto udirà l’eco di numerosi celebri passi delle fonti antiche: dallo stesso Cesare nei Commentari (De Bello Gallico e De Bello Civile) a Sallustio, Cicerone, Plutarco e Svetonio, spaziando poi all’universo greco di Omero e Saffo (il Cesare di Gorno – il più astuto dei Romani – è anche un grande ammiratore di Ulisse – il più astuto dei Greci…).
Certo, il lettore deve essere accorto: Io sono Cesare è un romanzo impegnativo e preciso, un Guerra e Pace dell’Antica Roma, un monumento letterario all’epocale passaggio dalla Repubblica al Principato – infatti l’opera è concepita come un “testamento” che Cesare porge a Ottavio, suo pronipote e giovane promessa, cui toccherà il gravoso e combattivo compito di raccogliere l’eredità del padre adottivo per divenire Ottaviano Augusto. Nell’opera di Gorno, non manca nessun personaggio della Roma di Cesare: Silla, Cato, Cicero, Pompeo, Crasso, Catilina, Marco Junio Bruto, Marco Antonio, Servilia, Giulia, Calpurnia, Aurelia Cotta – sono tutti delineati con impercettibili ma determinanti caratteristiche psicologiche che li fanno uscire dalle pagine e comparire davanti agli occhi del lettore/spettatore. Ci sono poi i nemici “esterni”, come Vercingetorige, Ariovisto e Tolomeo XIII, sovrani di mondi che ancora non hanno compreso che i tempi sono cambiati e sono maturi – aggiungeremmo noi – per un nuovo Alessandro Magno. Non mancano poi i personaggi “simboli” di altre realtà, gli “umili” della Storia, come l’oste della Suburra Gavio e il gladiatore Bardis, compagni dell’incredibile e sofferta avventura di colui che, ad oggi, è probabilmente il più famoso personaggio storico universalmente noto. Oltre alla maestria della scrittura (impegnativa per i contenuti, non per la forma, che scorre limpida e dinamica) Io sono Cesare è anche un grande affresco del mondo antico, come quelli di Pausania e di Strabone: la Gallia, la Spagna, le cateratte del Nilo, l’Egitto così diverso ed eterogeneo, da Alessandria a Menfi, alle Piramidi, ai sepolcri di Ramses e Nefertari… noi lettori viaggiamo con Cesare e Cleopatra, nella loro crociera sul Nilo e siamo con l’imperator quando dice all’ambiziosa regina “ il tuo è un gioco pericoloso, Cleopatra, io non sono immortale e ho molti nemici. Goditi il regno, non alzare troppo la testa, tieni per te l’idea di un Egitto rinato nel nome di Roma, o sarà Roma stessa a fartela pagare quando non ci sarò più”. È un Cesare profeta, il Cesare di Gorno, ma è anche un Cesare socialista, deciso a battersi per la causa degli ultimi e a portare avanti un disegno che era stato dei Gracchi e di suo zio, Caio Mario. Un Cesare che sin dalle prime pagine del poderoso romanzo, ci appare determinato a conquistare il mondo e anche i lettori.
Chantal Fantuzzi
