
Confrontati con varie decisioni e prese di posizione del Presidente Trump ci si può chiedere se
siano la conseguenza di mutamenti umorali, di intenti punitivi, di desideri di affermazione della
propria potenza.
La capacità di mutare rapidamente parere stupisce. In sintesi potremmo concludere che si tratta
di atteggiamenti singolari, non necessariamente conseguenza di un pensiero politico unitario,
frutto più dell’intuito e dell’umore del momento che di analisi e approfondimenti,
dell’implementazione di misure coerenti.
Ritengo che questo affrettato giudizio pecchi di superficialità. Mi chiedo se dietro atteggiamenti
talvolta appositamente contraddittori, di reazioni impulsive non vi sia una strategia la cui
individuazione esige qualche riflessione.
Innanzitutto è evidente che il potere egemonico esercitato dagli USA praticamente dal 1945, e
senza ostacoli dall’implosione dell’Unione Sovietica nel 1991, si sta sfaldando. Nel panorama
geopolitico numerose sono le contestazioni anti USA e l’affermarsi di pretese di altri blocchi.
Alla diretta concorrenza dalla Cina si aggiungono le pretese di una Russia con aspirazioni
zariste, un islamismo iraniano che si vuole estendere non solo in Medio Oriente ma pure in
Europa, una Turchia che è tornata nel mondo arabo e sul Mar Nero ricordando l’impero
Ottomano, con la presenza, sempre in questo gruppo, dell’India e quella molto attiva del
Brasile.
Herfried Münkler, lo storico germanico, in un suo recente libro (Welt in Aufruhr, 2023) ipotizza
una “pentocrazia”, cinque potenze che assumono la responsabilità dell’ordine mondiale.
L’assenza di una egemonia ha sostanzialmente un effetto negativo per l’equilibrio del mondo.
La guerra, la peggiore espressione della politica, che il potere egemone (USA) non è in grado di
impedire è alle nostre porte in Europa sia ad Est che nel Mediterraneo.
La Storia insegna come purtroppo all’indebolimento del potere egemone fanno seguito tempi di
miseria e di crisi.
La migliore descrizione di tale situazione ci viene offerta dalla magistrale opera di Edward
Gibbon (1737-1794) in “Declino e caduta dell’Impero Romano”, che racconta degli anni di
decadenza che precedettero la caduta dell’impero. Dai regni di Adriano e degli Antonini alla
saggezza di Augusto che raccomandava agli eredi di non estendere i limiti dell’impero, si arriva
all’umiliazione imposta dai Goti e da Alarico con la caduta di Roma.
Comprensibile una strategia degli USA che cerchi di influenzare dei nuovi equilibri evitando
l’umiliazione della decadenza. A questo proposito l’impressione è che il partito democratico, che
ha compiuto l’errore di tentare di nascondere le pesanti patologie senili di Biden, non avesse
visioni geopolitiche che tenessero conto dei mutamenti intervenuti e della necessità di
adeguamenti.
Diverso l’atteggiamento di quello che una volta era il partito repubblicano. È possibile
individuare due diverse forze strategiche che hanno sostenuto Trump. Una è quella che
rappresenta una visione futuristicamente tecnocratica rappresentata dai Musk, dai Thiel,
Zuckerberg e molti altri. Vedono un’America che domina tramite l’IA (intelligenza artificiale)
detenuta da potenti gruppi, hanno una visione futuristica del mondo e pensano addirittura alla
conquista dello spazio. Il loro non è un mondo democratico nella nostra accezione e l’egemonia
sarà riservata a potentissimi gruppi tecnologici, che non sopportano i lacci della burocrazia.
L’altro supporto strategico per Trump viene dall’Heritage Foundation, importante think-tank
conservatore americano, ed è riassunto in un rapporto di ben 800 pagine. Alcuni degli autori del
rapporto sono stati nominati recentemente nella Fed ed in alte posizioni di potere
nell’amministrazione e hanno l’orecchio di Trump. Vedono nel vicepresidente Vance, uomo
intellettualmente preparato e dalle caratteristiche del selfmade man che piacciono agli
americani, il loro candidato futuro per la presidenza.
Nell’ambito di questa strategia l’Europa, economicamente indebolita da infelici politiche,
praticamente inesistente sul piano bellico e super indebitata, non gioca che un ruolo molto
secondario.
In questa visione l’Ucraina per gli USA è un problema europeo, che gli europei non hanno la
forza di risolvere sperando di poter vincere le guerre con le sanzioni economiche.
Gli USA sono interessati ai rapporti con la Russia per il petrolio e altre fonti energetiche del
mondo artico, al loro confine. Le sparate sulla Groenlandia, sul Canada, sul Golfo del Messico
che deve chiamarsi americano non sono strampalate battute ma la messa sul tappeto di una
politica di consolidamento del blocco USA che bada ai suoi interessi al tavolo del potere.
Ovviamente, il volubile ed irritabile Trump non è il candidato ideale per rappresentare strategie
discutibili, ma non prive di razionalità. Ma è quello che passa il convento, e da parte sua ci
mette l’indubbia abilità di attore, la capacità di colloquiare con gli elettori ed i ceti popolari e
un’ostinazione che lo ha portato due volte alla presidenza.
Tempi grami, di possibili disordini e crisi, scontri armati potrebbero attendere il mondo, ma
potrebbero anche essere i necessari difficili passaggi per nuove forme di civiltà. Gibbon diceva
che la storia non è molto più di un semplice elenco di crimini, follie e sventure del genere umano. Si riuscira’ a dargli torto?