Tullio 3y migl 420Manovra è ormai il termine usato per raggiungere il fine del buon andamento dello Stato. Nella sostanza per la salute delle finanze pubbliche, da ottenere con scelte tra le difficili e sempre controverse opzioni che non dovrebbero conoscere sfumature di grigio. O sono entrate oppure uscite. In Italia viene denominata “Legge di stabilità” e recentemente ha dato molto lavoro a giornalisti e addetti ai lavori. Quella appena avviata dal Consiglio di Stato ha dimensioni storiche mai conosciute in casa nostra. Obiettivo è il pareggio dei conti entro il 2019 con un ridimensionamento di 185 milioni di franchi. Tutto questo rappresenta un lavoro molto difficile per Esecutivo, Legislativo e più ancora per l’intero Paese. Comunque, alla fine, saranno in buona parte i contribuenti a pagarla.

La lettura per il cittadino comune non è facile e si presta a interpretazioni di carattere contrapposto. Per capirla è opportuno citare alcuni punti fissi e incontrovertibili. Il primo è che i risparmi, interventi sulle uscite, rappresentano circa un terzo, mentre le maggiori entrate, tasse, imposte e balzelli, raggiungono i due terzi. Il risanamento pertanto introduce sul cittadino, una maggiore pressione, fiscale o di altra natura, in un momento già di per sé difficile. Una parte delle misure proposte, anche qui circa un terzo, dipenderà dal volere del Gran Consiglio, altre, i rimanenti due terzi, sono affidate esclusivamente al Governo. E la parte preponderante della torta, nessuno, nemmeno il popolo sovrano, la potrà combattere o mettere in discussione. Una dimostrazione che nella repubblica del Canton Ticino il potere esecutivo detiene pure ingenti poteri legislativi. La differenza è rilevante e non particolarmente qualificante per la nostra democrazia. Ma questo discorso porterebbe molto lontano. Le posizioni dei partiti sono definite solo in parte. Si assiste a una specie di “sur place” in attesa delle mosse degli altri. Tuttavia i primi ricatti, e non possono essere chiamati altrimenti, sono già arrivati. Eccone alcuni. Se non passerà la tale misura non saremo disponibili per il resto. Se qualcuno sarà contrario a uno o più interventi, dovrà proporne altri del valore equivalente. Se la manovra non riuscisse l’unica alternativa sarà l’applicazione del moltiplicatore cantonale con un aumento delle imposte del 10-20%. Non si sono sentite né lette altre soluzioni, mentre la migliore sarebbe stata, e potrebbe esserlo ancora, quella di intervenire sulla grande macchina dell’amministrazione statale, seconda a nessuno per numero di uffici, di personale, leggi e regolamenti di ogni genere che, oltre a costare in maniera sproporzionata, rende complicata l’esistenza e aumenta il costo della vita ai ticinesi. In altre parole bisognava operare sui compiti dello Stato, criticati da sempre, mai affrontati, razionalizzati, tantomeno diminuiti. Il fatto che la manovra sia stata approvata e sostenuta dal Consiglio di Stato in corpore, ha suscitato consensi. È un novum e la cosa, presa senza farsi eccessive illusioni o aspettative, è positiva. Tuttavia è legittimo chiedersi come si sia arrivati a questo “embrassons nous” poco consono alle nostre latitudini. Sembra, ma sono solo voci non confermate, che sia il frutto di scambi incrociati di consensi, anche in vista delle future attività dei dipartimenti. Così fosse potrebbe portare a nuove forme di dipartimentalismo di cattivo auspicio per il Paese. Affaire à suivre.

Tullio Righinetti

(pubblicato sul GdP e riproposto con il consenso dell’Autore)