Il Caffè – Editoriale del 06 luglio 2014
Specchio della Svizzera più bella – di Lillo Alaimo

(fdm) Osserviamo che la brillante prosa “alaimica” assomiglia in modo impressionante a quella di un noto consigliere-pianista. Si vede proprio che la “scuola” è la stessa.


Ho preso in mano il Caffè (pubblicazione settimanale). Il titolo dell’editoriale è invitante. Si parla della nazionale di calcio. Dopo meno di quattro righe sobbalzo, invece di un articolo intelligente, leggo un bel pezzo di retorica, e nemmeno di quella migliore. Leggo: ..specchio della Svizzera migliore. Quella permeata di una felice convivenza tra tedeschi, francesi e italiani e arricchita di una presenza straniera che non ha eguali in Europa. Poi parte la spinta ancora più retorica: ..A dispetto di chi ha chiesto e chiede di alzare muri, creare divisioni…  

Con tutto il rispetto, non sono sicuro che uno Svizzero tedesco ami farsi definire tedesco. Non sono sicuro che uno Svizzero francese ami farsi definire francese. Non sono sicuro che tutti i ticinesi amino farsi definire italiani. Tiro il fiato e mi faccio spiegare dal Signor Alaimo cosa sia la sua visione di Svizzera migliore. Concludo la lettura per arrivare alla fine. Mi permetta, egregio Signor Alaimo, la Svizzera di oggi ha radici profonde, è stata fatta soprattutto da altri svizzeri, accogliendo gente di ogni paese quando a volte per diventare svizzero occorreva una generazione o due. Occorreva guadagnarselo il “passaporto”. Altri tempi, certamente.

Quando passo alla cappella della battaglia di Sempach mi inginocchio, dovrei essere io uno svizzero peggiore perché vedo il mio stesso cognome scritto sulle pareti? Sono i nomi di antenati che qui sono morti per fermare gli austriaci. Erano gli svizzeri peggiori? Giganti, se confrontati a certi politici di oggi. Gli svizzeri che hanno visto cadere chi ha sacrificato la vita, ha onorato sulle stesse pareti il nome dei caduti austriaci. Credo sia una lezione di civiltà. Non so, Signor Alaimo, se possa capire quello che si prova in un momento simile. È senso della storia e rispetto insieme.

Non so se ci siano degli Alaimo caduti alla battaglia dei Sassi Grossi, oppure alla battaglia di Arbedo. Gli svizzeri, ne sono sicuro, sono apertissimi al mondo anche quando dicono in votazione: “Un attimo; chi entra o non entra a casa mia vorrei deciderlo io, non farmelo imporre”. Nelle Filippine un mio parente ha realizzato le prime piantagioni, contribuendo poi con altre attività allo sviluppo della sua nuova patria, suo figlio, nel corso della seconda guerra mondiale, è stato prigioniero di guerra dei giapponesi. Un altro Sutter, in California aveva fondato la colonia Nuova Elvezia (grande circa il doppio del Mendrisiotto).

Altri ancora.. la storia sarebbe lunga. La mia biblioteca contiene una cinquantina di libri di storia svizzera, una ventina e più di libri sull’economia svizzera. Ogni giorno leggo giornali in tre o quattro lingue. Sto ancora imparando cosa sia la Svizzera. Conosco l’Italia abbastanza bene e stimo moltissimi italiani, ne parlo e scrivo persino la lingua, ma non me la sentirei di spiegare agli italiani cosa sia l’Italia migliore e come dovrebbe essere fatta. Non sono sicuro che lei, Signor Alaimo, capisca lo schwyzerdütsch come lo capisco e lo parlo io. Serve, per capire la Svizzera. Non sono sicuro che conosca il Lavaux e il Giura come li conosco io. Con rispetto, non sono sicuro che abbia davvero capito cosa sia la Svizzera, ma ce lo spiega dalle colonne del Caffè tutte le settimane. A volte mi dico: “poveri noi”.

Buon 1° agosto, fin da ora, egregio Signor Alaimo.

Cordialmente, Nadir Sutter