Liceo B1y b

Pubblicato nel Giornale del Popolo odierno

Tre cose ci accomunavano, e non è poco: la matematica, la scuola (che per noi era il Liceo cantonale, che oggi tutti chiamano “Lugano 1”) e l’Alleanza Liberi e Svizzeri, associazione della quale fummo entrambi presidenti, lui però più importante, quale presidente fondatore.

La matematica è una cosa grande, ti chiede tantissimo e ti restituisce, in un certo senso, di più. Ti accompagna per tutta la vita, dà una forma alla tua mente, addirittura alla tua anima. Noi eravamo due matematici. Meglio sarebbe dire: due “insegnanti di matematica”, per distinguerci da una categoria più sublime, quella dei “creatori di matematica”.

Quando arrivai in viale Cattaneo 4 le macchine percorrevano il rettilineo nei due sensi. Poi per decenni non lo fecero più, oggi sono tornate allo status quo ante. Quando arrivai, lui c’era già. Giovane docente all’ombra protettrice di due “grandi vecchi” della matematica e di quella scuola, ormai prossimi alla pensione: Ambrogio “Gino” Longhi e Luigi “Piazza” de Marchi.

Dopo la maturità rimasi “fuori” per ben 12 anni, dedicandomi a vari studi e facendo esperienze varie. Ma, alla fine, tornai come matematico. Era verso la fine degli anni Settanta. Giunsi secondo al concorso, dietro il professor Venzi, ma il risultato lo seppi solo vent’anni dopo perché veniva tenuto segreto (forse per evitare discussioni). Ebbi il posto.

Erano anni turbolenti. Nel 1974, in un soprassalto di Sessantotto ritardato, c’erano state mini-sommosse e clamori nell’Istituto, gli alunni giravano per i corridoi con il megafono in pugno. Il rettore Regli fu costretto a chiamare la polizia, la scuola finì sulle prime pagine di tutti i giornali. Alla fine il rettore, non sapendo più che fare, si dimise. La conduzione dell’Istituto fu assunta da un organismo democratico che prese il nome di “direzione collegiale”.

Oggi queste cose sembrano lontane e hanno perso gran parte della loro asprezza: ma i primattori (e i comprimari) di allora non le vissero così. Le ricordiamo oggi, forse, addirittura, con un sorriso benevolo: il tempo, si sa, lenisce tanti patemi e tante stizze. C’erano anche, non lo nascondo, delle faccende bizzarre. Ad esempio, un “direttore collegiale” non poteva rimanere in carica più di due anni, può sembrare strano ma era così. Forse, se fosse durato più a lungo la sua personalità sarebbe diventata ingombrante e “autoritaria” (parola fatale). Ma l’ultimo direttore “collegiale” di Lugano 1, eletto nel 1986, il professor Giampaolo Cereghetti, è ancora in carica in questo stesso 2014. Dal che si vede che in un certo senso… l’uomo propone e Dio dispone.

Il professor Alessandro Lepori era uomo di destra, nel senso buono e pieno della parola. Non diverso da lui ero io (ma certamente meno equilibrato nel carattere). Divenimmo subito amici. Alessandro non approvava queste forme “progressiste” di gestione dell’Istituto (in verità noi non ci vedevamo alcun progresso, così come non ne vide il compianto on. Giuseppe Buffi, il quale nel 1990 “ottenne” dal Parlamento che si tornasse a un di-rettore (rettori furono Chiesa, Sganzini, Soldini…) non più imposto al Governo dal Collegio dei docenti.

Alessandro era un tenace. Correttissimo, riflessivo, garbato; ma tenace. Io, più giovane di lui di quasi una generazione, meno tenace ma ahimè più impulsivo. In verità lui poteva (e noi potevamo) far poco. Ci battevamo soprattutto per l’onore della bandiera. Ma la nostra inferiorità numerica era senza scampo. Una volta Fulvio Pelli (un amico) mi chiese beffardo: “È vero che laggiù siete solo in due?” Io gli risposi, non troppo sincero: “Oh no, molti di più!”

Un gran cosa magnifica è l’acqua che passa sotto i ponti. Vivevamo allora l’ultimo decennio prima del fatale 1989, la pressione della sinistra – non soltanto nella scuola, ma in tutta la società – era fortissima, certo molto più forte che oggigiorno. Non è facile, neppure per me, rievocare quegli anni. Non già ricordare in astratto: ma recuperare le sensazioni, i condizionamenti, i timori. Verso la metà degli anni Settanta alcuni cittadini fondarono l’Alleanza Liberi e Svizzeri, un’associazione che si proponeva – bisogna pur chiamare le cose con il loro nome – di contrastare le forze socialiste e marxiste, in tutta la società e particolarmente nella scuola.

Lui ne fu il primo presidente. Io ne divenni, quasi per caso, il terzo. Il secondo fu Alessandro von Wyttenbach, il quarto Gianfranco Soldati. Da parecchi anni il quinto presidente… è una presidentessa, la signora Carla Cometta. Ma sono ormai altri tempi, gli anni Settanta e Ottanta furono per l’associazione più favorevoli, perché molto più acuto era il contrasto.

Anche in quel gremio operammo fianco a fianco, sempre da amici e sempre collaborando. Oggi ci lasciamo. Caro Alessandro, questo ricordo, libero, affettuoso e non troppo triste (non l’avresti voluto), ho composto per te.

Francesco De Maria