Un NO all’abolizione del canone radiotelevisivo è quanto auspica l’Associazione industrie ticinesi: l’obiettivo dell’iniziativa è far sì che le emittenti radiotelevisive titolari di una concessione non percepiscano più i proventi del canone di ricezione e che, in futuro, sia abolito anche qualsiasi sussidio diretto a beneficio delle emittenti radio-tv. Un no che vuole essere comunque critico: numerose aziende, seppure non beneficino del servizio sovvenzionato con il pagamento del canone, sono infatti costrette ad esborsi anche notevoli di decine di migliaia di franchi l’anno. In questo senso AITI auspica la revisione dell’ordinanza sulla radiotelevisione attualmente in vigore nel senso di abolire l’obbligo di pagamento del canone per le imprese.

Tuttavia, l’iniziativa è troppo radicale e per questo va respinta. Il servizio pubblico svolge un ruolo importante sul piano democratico e contribuisce alla stabilità politica, nonché all’attrattività della Svizzera. L’inevitabile scomparsa di numerose emittenti radiofoniche e televisive, o quantomeno il loro forte ridimensionamento, nuocerebbe alla qualità del dibattito democratico. Inoltre, a partire dal 2019, il canone sarà ridotto a 365 franchi. La messa all’asta delle concessioni per la radio e la televisione così come proposto dall’iniziativa “NO Billag” non appare essere un sistema convincente per garantire un sistema liberale e pluralista dell’informazione.

L’eventuale accettazione dell’iniziativa colpirebbe in particolar modo la Svizzera italiana: senza la perequazione finanziaria interna alla SSR non sarebbe infatti più possibile produrre programmi radiotelevisivi equivalenti in tutte le lingue ufficiali. È importante ricordare che, grazie a questa perequazione finanziaria della SSR, il Cantone Ticino gode di un indotto economico sul territorio che verrebbe chiaramente meno qualora fosse abolito il canone.

Tuttavia appare chiaro che di fronte al mutamento della fruizione dell’offerta radio- televisiva da parte del pubblico occorre ripensare profondamente il servizio pubblico, oggi politicamente sbilanciato a sinistra e poco sensibile, per non dire ostile nei confronti dell’economia, nonché l’ammontare del canone radio-tv pagato dai cittadini e dalle imprese.

(fdm) Si dice, giustamente, che la forma più sublime di umorismo sia quella INVOLONTARIA. Un commento plausibile al passo evidenziato potrebbe essere: “Più mi frusti, più godo!” Venere in pelliccia, la sessualità secondo Sacher-Masoch. Sperare in un futuro migliore non è vietato ed è tipicamente umano. Ma bisogna essere realisti. Coloro che oggi vedono la morte in faccia puntano a una cosa soltanto: scampare all’esecuzione. Dopo di che (se saranno graziati) continueranno peggio di prima.

Negli anni precedenti è stato commesso l’errore vistoso di far crescere a dismisura il monopolio radiotelevisivo della SSR che oggi, di fronte alle mutate abitudini del pubblico, non si giustifica più.

Allo stesso tempo, l’Associazione industrie ticinesi si dice favorevole al decreto federale concernente il nuovo ordinamento finanziario 2021. Quanto proposto permette di estendere la facoltà di riscuotere le due principali fonti di entrata della Confederazione, ovvero l’imposta federale diretta (IFD) e l’imposta sul valore aggiunto (IVA), fino al 2035. Qualora l’oggetto non fosse approvato dal popolo, questa facoltà verrebbe a decadere alla fine del 2020. Le due imposte costituiscono le principali fonti di entrata della Confederazione e rappresentano oltre il 60 per cento delle entrate federali. Per questa ragione sono di centrale importanza per i conti della Confederazione e per i compiti finanziati con queste entrate. Un elemento sicuramente positivo è dato dalla scadenza temporale assegnata al nuovo decreto; non ci sarà un rinnovo a tempo indeterminato della possibilità di prelievo di queste imposte. Le stesse dovranno essere eventualmente approvate nuovamente in votazione entro il 31 dicembre 2035.

AITI