L’ex presidente della Corea del Sud, Park Geun-hye è stata condannata a 25 anni di carcere e ad una multa di 20 miliardi di won (circa 17 milioni di franchi) dall’Alta Corte d’appello di Seul. A metterla nei seri guai una vicenda di corruzione che le era già costata l’impeachment nel marzo del 2017.  La donna era stata già ritenuta colpevole nella sentenza di primo grado che l’aveva condannata a 24 anni di carcere il 6 aprile scorso, la pena è stata ulteriormente inasprita dalla Corte d’Appello poche ore fa.

Assieme all’ex presidente è stata inoltre condannata a 20 anni di carcere la confidente Choi Soon-sil, soprannominata “la sciamana” la quale nel febbraio scorso avrebbe fatto pressioni a due giganti coreani, tra cui la Samsung, per indurli a donare 77,4 miliardi di won a una fondazione riconducibile a Choi stessa. In cambio la donna avrebbe offerto favori da parte del governo nel quale tuttavia personalmente non ricopriva alcun ruolo ufficiale.

Alla luce di questi fatti, le accuse contro Park Geun-hye risultano gravi: corruzione, abuso di potere e rivelazione di segreti di Stato. L’intera vicenda è costata ben 6 anni di carcere anche all’ex capo advisor politico Ahn Jong-beom anche se sulla sua condanna e quella di Choi Soon-sil l’Alta Corte d’appello deve ancora esprimersi.

Park Geun-hye non ha assistito al processo di secondo grado e ha continuato a contestare le accuse contro di lei già dal mese di ottobre scorso: secondo la donna, il processo contro di lei è “motivato politicamente”.

Esattamente un anno fa veniva condannato a 5 anni di prigione Lee Jae-yong, vicepresidente ed erede di Samsung che avrebbe ceduto alle richieste della “sciamana” per ottenere dal governo l’autorizzazione alla fusione di due delle 60 aziende appartenenti al colosso sudcoreano e garantirsi così il controllo dell’intero gruppo.