da Opinione Liberale, per gentile concessione

15 aprile 1993

Si pensa comunemente che 1’attuale crisi della politica e dei partiti sia dovuta alla caduta del comunismo, simboleggiata dalla caduta del muro di Berlino. In parte è vero. L’abbattimento del muro di Berlino ha determinato – come nei più classici fenomeni meteorologici – una specie di gigantesco risucchio sociale e morale che fa ancor oggi scricchiolare le fondamenta della convivenza civile nell’Occidente democratico. Si sono scompigliati i rapporti di forza e le tradizionali logiche alla base degli impegni politici (ieri eravamo amici per combattere un comune nemico; oggi il nemico è scomparso, per quali ragioni dobbiamo ancora rimanere amici?), ma soprattutto è andata in frantumi molta della sostanza ideale in grado di coagulare ampie aree ideologiche. Ci rendiamo conto oggi che l’impianto politico della società dell’Occidente europeo si reggeva più sulla contrapposizione di due modelli di società (quello comunista e quello capitalista) che sul confronto di altri valori fondamentali, legati questi alla storia, alla crescita e all’affinamento della democrazia. È come se nel tiro alla fune una delle due squadre contendenti cedesse improvvisamente di schianto: la caduta sarebbe generale. È caduto dunque il comunismo, ma vacillano, per il contraccolpo subito, le democrazie sue antagoniste.

20 novembre 1961 – Foto Wiki commons (USA National Archives)

Però c’è dell’altro. Se la sconfitta del comunismo ha potuto creare alle nostre latitudini lo scompiglio che constatiamo non è solo per effetto del fenomeno «risucchio». Dire per esempio – come spesso diciamo – che essa ha sancito la scomparsa delle ideologie, significa ammettere che alcune idee–forza delle democrazie occidentali e dei partiti che le sostanziano già erano logore per conto loro, tenute in piedi da un muro ormai di cartapesta, qual era appunto il muro di Berlino. Forse – e il «forse» s’impone perché un’analisi seria e completa di ciò che è avvenuto è ancora tutta da compiere – prima ancora che 1’ideologia è venuta meno in Occidente la disponibilità morale a credere sino in fondo in un patrimonio di valori ideali, sia in campo politico sia in ogni altro. Il comunismo è caduto perché alla fine gli era rimasta solo la forma, strettissima e soffocante, senza più sostanza ideale. Le democrazie occidentali, istituzionalmente forti, si ritrovano oggi nella condizione di ricercare nuovi vigori nel rinnovamento delle regole del gioco (nel rinnovamento, per esempio, delle leggi elettorali, o delle formule di governo) Ma basterà?

Vale a questo punto la seguente domanda: può una democrazia funzionare senza il conforto di grosse spinte ideali? E posta la domanda in altri termini: potrebbe funzionare una democrazia quando fosse declassata a semplice strumento di verifica di sistemi di gestione sociale in concorrenza fra loro nel segno dell’efficienza manageriale? Non è la democrazia il tentativo di dar spazio, nel sistema, alla persona? E alla bandiera? E nella libertà delle coscienze, alla coscienza? Può essa limitarsi ad essere un fatto tecnico, ben congegnato, ben oliato, con regole intelligenti, in grado – come massimo risultato – di dividere la società civile in due parti, affinché una parte finga di confrontarsi con 1’altra?

Sbaglierò, ma l’attuale crisi della politica, più che spia dell’insipienza dei partiti (che esisterà pure), è spia della crisi della società e degli individui. Spia della crisi di valori. Non è vero che gli attuali disagi siano unicamente provocati da partiti malati incapaci di affrontare i problemi di una società sana. Se può far comodo e tranquillizzare le coscienze si può metterla anche così.

A Est è crollato il muro di Berlino. Crolli d’altro genere, non meno importanti, sono avvenuti a Ovest.

Giuseppe Buffi