L’avvocato Fabio Regazzi esprime la sua soddisfazione in un commento apparso oggi sul Corriere del Ticino.
Riferendosi al blocco della metà del ristorno dell’imposta alla fonte ammette che “dal punto di vista formale è innegabile che si tratta di una violazione di un accordo internazionale e come tale quindi in contrasto con principio della legalità” ma poi fa rilevare come la decisione vada inserita “in un contesto oggettivamente difficile in cui il Ticino è venuto a trovarsi, confrontato con gravi problemi di relazioni con l’Italia e con un’autorità federale sorda, o per lo meno poco sensibile, alle richieste che giungevano dal nostro Cantone.” In pratica, il classico “a mali estremi, estremi rimedi”.
Regazzi prosegue descrivendo i rapporti che la Svizzera ha avuto negli ultimi anni con l’Italia, rapporti che hanno subìto un progressivo deterioramento grazie alle manovre e alle dichiarazioni del ministro italiano dell’economia Giulio Tremonti (black list) e di quello degli esteri Franco Frattini (dossier libico e visti Schengen). Chi ne ha fatto maggiormente le spese è stato il Ticino.
Si sofferma poi sulle reazioni del nostro cantone, alcune “plateali e oggettivamente censurabili (penso alla campagna «bala i ratt» o alla minaccia di erigere muri alla frontiere), altre serie e istituzionali, come l’iniziativa cantonale promossa dal sottoscritto a nome del PPD con cui si chiede alla Confederazione di rinegoziare l’Accordo con l’Italia sui ristorni dei frontalieri (risalente al 1974), analogamente a quanto fatto alcuni anni fa con l’Austria.”
Il blocco di parte del ristorno all’Italia non va interpretato come un segno di ostilità, ma piuttosto come un gesto che va capito. Uno “strumento di pressione affinché i negoziati con l’Italia per affrontare i diversi temi (non solo i ristorni dei frontalieri, ma pure le black list, la reciprocità, gli accordi di doppia imposizione, ecc.) vengano riaperti al più presto.
“La mossa del Governo ticinese, seppure discutibile, ha sortito i primi effetti, visto che ora tutti sembrano aver fretta di sedersi al tavolo delle trattative per cercare di risolvere i problemi aperti – conclude Regazzi, auspicando che il Consiglio federale saprà muoversi nel modo migliore per aiutare il Ticino.