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Un rapporto di Amnesty International, redatto dopo un’inchiesta sul terreno tra la fine di febbraio e la fine di maggio, mette l’accento sui crimini di guerra e le violazioni dei diritti dell’uomo commessi dai ribelli libici in guerra contro il regime di Muammar Gheddafi.

Il documento non tralascia evidentemente gli abusi commessi dalle truppe lealiste ma rivela che nemmeno i ribelli sono estranei a torture, esecuzioni sommarie e altri abusi. Il rapporto dell’organizzazione umanitaria evidenzia in particolare il trattamento riservato ai mercenari ingaggiati dal regime, in prevalenza giovani provenienti dai paesi dell’Africa sub sahariana.
Dall’inizio della rivolta, in febbraio, ne sono stati catturati a centinaia. Molti sono stati linciati, altri impiccati, altri ancora fucilati. La stessa sorte è toccata ai soldati di Gheddafi, catturati in combattimento o durante spedizioni punitive: spesso venivano prelevati dai letti d’ospedale, trascinati all’esterno, umiliati, picchiati e infine giustiziati.

Il CNT, il Consiglio libico di transizione, è a conoscenza della situazione ma tende a minimizzare. Non ha avviato alcuna indagine per fare chiarezza sui responsabili.
Amnesty International rileva come il CNT sia confrontato al non facile compito di controllare i rivoltosi, i gruppi armati e le sezioni di auto difesa attraverso le maggiori città del paese e come sia reticente a promuovere un qualsiasi atto d’accusa o ad avviare un’inchiesta per identificare i responsabili degli abusi.