Warning: Attempt to read property "post_excerpt" on null in /home/clients/d43697fba9b448981cd8cd1cb3390402/web/content/themes/newsup/single.php on line 88

Quattro anni orsono il 28,9% degli elettori svizzeri ha dato fiducia all’Unione Democratica di Centro, confermandola quale primo partito del Paese.
I recenti sondaggi, da prendere con le pinze, indicano una sostanziale tenuta del partito del presidente Toni Brunner a questi incredibili livelli, indice, a mio parere, di un deciso apprezzamento per aver tenuto fede alla propria linea politica e agli impegni sottoscritti con il popolo svizzero.

Le previsioni risultano essere viepiù straordinarie se solo si pensa al fatto che l’inopinata non rielezione del Consigliere federale Christoph Blocher ha comportato una dolorosa e pericolosa scissione interna. Scissione tanto amara quanto inevitabile alla luce degli inquietanti intrighi svelati nelle settimane seguenti il 12 dicembre 2007.
Quel giorno abbiamo assistito al più grave attacco alla concordanza mai portato nella storia della nostra piccola grande democrazia. Questo radicato principio di gestione della cosa pubblica e di correttezza politica, caratteristico della nostra Nazione, è stato infatti bellamente calpestato e spazzato via dalla sinistra e dai suoi alleati di centro. Partiti che probabilmente, almeno secondo le recenti parole del Presidente nazionale PPD, continueranno nell’opera di distruzione delle tradizioni svizzere, reiterando i complotti del 2007.
Era la prima volta, infatti, che un Consigliere federale nel pieno delle sue funzioni, con alle spalle un partito che aveva nettamente vinto le elezioni, anche grazie al suo carisma, è stato destituito dal parlamento con un colpo di mano inqualificabile.

Da quel lontano 2007 ne è passata di acqua sotto i ponti e le elezioni cantonali che si sono succedute hanno spesso severamente punito i partiti che hanno tramato dietro le spalle dell’UDC nell’intento, non riuscito, di scalfirne la propria forza popolare. Archiviato, si fa per dire, questo poco edificante boicottaggio politico, ora è necessario pensare al futuro, agli interessi del nostro Cantone e alle sue prossime sfide.
A mio avviso un deputato ticinese dell’UDC, all’interno del gruppo più importante della Svizzera, può oggettivamente essere molto utile alla causa del nostro Cantone. Da un lato promuovendo in maniera attiva e efficace i nostri interessi e dall’altro sostenendo le nostre giuste rivendicazioni, tipiche di un Cantone di frontiera.
Mi riferisco, in particolare, all’esigenza di meglio tutelare la popolazione ticinese dalle controindicazioni della libera circolazione delle persone, che sta creando un effetto di sostituzione tra lavoratori svizzeri e lavoratori esteri, alla volontà di garantire la sicurezza compromessa dallo smantellamento dei controlli alla frontiera e al necessario completamento per motivi di sicurezza del San Gottardo.
Insomma tutti temi che per un verso o per l’altro toccano le corde e la sensibilità della settantina di parlamentari che compongono il gruppo UDC alle Camere. Un gruppo coeso, preparato e dinamico che accoglierebbe con entusiasmo un rappresentante della Svizzera italiana. D’altronde non più tardi di qualche settimana fa il presidente nazionale si esprimeva da queste colonne affermando: “Ma una cosa deve essere chiara: se il Ticino vuol essere rappresentato con più forza a Berna, allora una presenza di suoi rappresentanti nella maggiore frazione del Paese sarebbe molto utile. Il suo influsso e la sua forza a Berna sarebbero maggiori”.

Il mio auspicio è dunque che le cittadine e i cittadini ticinesi vogliano affidare a un esponente UDC l’onore e l’onere di questo compito. A tutti i candidati democentristi ticinesi non manca certo l’orgoglio e l’attaccamento per il proprio Cantone per svolgerlo al meglio sotto la cupola di Palazzo federale.

Marco Chiesa, candidato UDC al Consiglio Nazionale