I disertori dell’esercito siriano (sempre più numerosi e fra loro vi sono anche alti ufficiali) hanno attaccato mercoledì una base militare segreta a nord di Damasco.

I governi occidentali dovrebbero fornire armi all’Armata siriana libera, una forza militare composta da migliaia di soldati dissidenti, la cui base operativa si trova in Turchia.
Lo sostiene l’ex diplomatico francese Ignace Leverrier : “Quello che i manifestanti in Siria chiedono alla comunità internazionale o almeno ai paesi che esprimono solidarietà con la loro protesta, è di rifornirli di armi leggere e pesanti. Solo in questo modo l’Armata siriana libera può portare avanti la sua missione, ossia rovesciare il governo di Damasco.
L’Armata non vuole aiuti bellici per creare un nuovo rapporto di forza. Desidera però proteggere chi esce nelle strade per manifestare pacificamente, una difesa dai soprusi delle forze del regime.”

Lunedì 14 novembre il ministro francese degli Esteri, Alain Juppé, aveva ammesso che è giunto il momento di agire per proteggere la popolazione siriana, ma nulla di veramente efficace è stato deciso.
Il capo della diplomazia europea, la baronessa Catherine Ashton, si è limitata ad esprimere la preoccupazione dell’Unione europea per i massacri di civili in Siria e la necessità di esaminare, in collaborazione con la Lega araba, quel che può essere fatto.

Un intervento militare straniero non viene considerato dalla comunità internazionale. Del resto, i manifestanti siriani non l’hanno mai chiesto. Alcuni vorrebbero, tutt’al più, un intervento da parte dei paesi della Lega araba.
Quel che vorrebbero, che interessa maggiormente, è ricevere aiuto dall’esterno sotto forma di armamenti, armi anti-carro, giubbotti, munizioni, missili, lanciarazzi. Innanzitutto per potersi difendere dall’esercito del presidente al Assad e poi – non si può mai dire – per cercare di rovesciare il regime, come è accaduto nella Libia che era di Gheddafi.