Oltre alla guerra civile in Siria, gli operatori del settore sono preoccupati da un eventuale conflitto armato tra Israele e Iran.
Negli scambi di lunedì il prezzo del petrolio è salito al massimo da tre mesi e mezzo a questa parte, in un mercato senza volume, sempre sostenuto dalle tensioni tra Iran e Israele e nell’attesa del disastro annunciato nella Zona euro.
Lunedì verso le 12h30, il barile del Brent del Mare del Nord, scambiato sul Intercontinental Exchange di Londra, per consegna a ottobre valeva 114.37 dollari.
Negli scambi elettronici al New York Mercantile Exchange, il barile di “light sweet crude” per consegna a settembre segnava 96,15 dollari, dopo essere salito verso le 8h30 a 96,53 dollari, il livello più alto dall’11 maggio scorso.
Gli investitori continuano a puntare sull’aumento del prezzo del greggio a causa delle tensioni persistenti in Medio Oriente.
Oltre alla guerra civile in corso in Siria, gli operatori sono preoccupati anche dalla possibilità di un attacco israeliano all’Iran. Uno scenario che potrebbe prodursi anche nelle prossime settimane e avere quale obiettivo le installazioni nucleari iraniane.
Colpito dalle sanzioni internazionali, il governo di Teheran continua a negare che il suo programma nucleare abbia scopi militari, ma minaccia comunque di chiudere lo stretto di Ormuz, del quale ha il controllo e da dove transita un terzo del traffico petrolifero marittimo mondiale.
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