Non credo che molti Ticinesi seguano l’evoluzione, o meglio l’involuzione, della situazione politica italiana e vadano oltre la condanna del berlusconismo, della corruzione e del potere infiltrato delle cosche mafiose.

Da cittadino svizzero, naturalizzato venti anni fa, dovrei anche io guardare l’Italia con distacco, ma ritengo utile seguire il degrado politico del mio povero Paese d’origine e valutare quanto poco ormai resti di democratico nella politica italiana. La gente di qua e i politici di là, diffidenza e disprezzo verso i politici di carriera, che con ritardo cominciano a preoccuparsi e a parlare di programmi e di riforme in vista delle prossime elezioni di primavera. Sarà per loro difficile recuperare credibilità. Berlusconi non ha piú seguito, ma lo avrebbe invece chiunque riuscisse a comunicare ai votanti un programma economico credibile e dettagliato, indicando tempi e modi per realizzarlo. E non potrebbe più promettere una cosa e farne un’altra, come i suoi predecessori, perchè sarebbe un sorvegliato speciale. La gente perde il lavoro, la pensione e ha paura. Ripeto, ha paura ed è infuriata. La violenza non è sempre riportata dai media, ma esplode sovente nelle città e cova nei ceti operai e borghesi.

La riduzione del debito pubblico con la vendita di immobili dello Stato italiano per centinaia di miliardi di Euro, i conseguenti minori interessi da pagare sul debito, la riduzione della spesa corrente mediante la soppressione degli enti inutili e il ridimensionamento della burocrazia per livello di stipendi e per numero di impiegati, sono il compito obbligato dei prossimi governanti italiani.( Il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego funziona già in Francia con Hollande). Quanto sopra, unitamente alla severità nel controllo dei mandati a terzi, il lavoro più flessibile (l’Italia è il peggiore Paese per la rigidità del lavoro) creerebbero le condizioni di una stabile e duratura ripresa dell’economia.

È la malattia del secolo, l’eccesso di spesa dello Stato che uccide l’economia. E noi svizzeri? E noi ticinesi? Attenti a non fare come i nostri vicini, a contare sulla nostra buona stella e basta. I tempi stanno cambiando.

Se la attività finanziaria della Svizzera si dovesse contrarre, come sta già succedendo, dovremmo aumentare ancor piú la nostra competitività industriale e turistica per compensare i gettiti fiscali in diminuzione. Ma non è cosí facile. La serietà del lavoro svizzero, il marchio svizzero forte, l’attuale impegno comune nella attività di Ricerca e Sviluppo fra università e imprese, potrebbero non bastare a contrastare fattori negativi come il cambio alto della nostra moneta e i salari decisamente piú alti della media europea. In questo scenario si impone l’allarme per la crescita della spesa pubblica in Ticino in vista di un calo probabile del gettito delle imposte.

In molti Paesi europei, e non solo, i disavanzi annuali si sono cumulati e hanno formato un debito enorme, che causa il pagamento di interessi altissimi e pone i Paesi alla mercé degli speculatori sui loro titoli di stato. Questa è una altra storia, difficile da liquidare in poche righe, ma noi abbiamo ancora la possibilità di evitare che la spesa si gonfi per il solito fenomeno di clientelismo, portatore di consenso elettorale a spese dei contribuenti. Basta con sprechi ed eccessi di spesa pubblica. Non ci è dato sapere se il preventivo cantonale 2013 sia in rosso a causa di minori entrate o di maggiori spese o di entrambi, ma di certo è inaccettabile. Se si cominciasse poi ad aumentare le tasse col moltiplicatore cantonale automatico, si aprirebbe allora la porta alla abitudine che ha portato l’Italia nei guai, quella di creare disavanzi della gestione per creare consenso elettorale e di aumentare subito dopo le tasse per compensarli. A forza di tasse l’economia è in ginocchio.

Abbiamo avuto la fortuna di una Amministrazione Pubblica sana, manteniamola tale. Ma per avere un controllo della spesa pubblica dobbiamo cambiare la nostra mentalità politica utilizzando metodi semplici e usuali in tutte le nostre attività. Quando affidiamo a qualcuno dei compiti 1)ne valutiamo la onestà e la competenza 2)gli chiediamo come intende eseguire il suo mandato 3) lo controlliamo adeguatamente e pretendiamo che egli segua i suoi programmi fedelmente. Coi politici invece no. Li eleggiamo in base alla loro capacità di rendersi simpatici in televisione, quando va meglio secondo le loro/nostre convinzioni politiche, ma mai in base ad programmi politici ed economici precisi, costruiti dopo una attenta e trasparente analisi dei problemi del Paese.

La conseguenza è che durante il loro mandato possono fare tutto quello che vogliono, deludendo le nostre aspettative e spesso seguendo i loro interessi partitici. Ecco perché la metà degli aventi diritto non vota più. Questa triste storia ha retto fino a che le cose sono andate “benino” in economia, ma guardiamo l’esempio dell’Italia, valutiamo dove si arriva lasciando fare e eleggendo dei simpaticoni senza programmi e senza controllo. Attenti ticinesi a chi votiamo e perché. L’Italia è lontana e vicina allo stesso tempo. Dipende da noi.

Alberto Siccardi, vicepresidente di AreaLiberale