INTERVENTO PARLAMENTARE

In queste settimane di caos abbiamo sentito e letto di tutto. I funzionari sono dei privilegiati. Sono loro che comandano e che decidono cosa fare. Sono loro che ostacolano i cittadini e le imprese. I dipendenti dello stato vivono su un altro pianeta: non sanno cosa siano i licenziamenti, il lavorare con la paura di essere sostituiti da qualche frontaliero, non sanno cosa sia rimanere mesi senza paga e lavorare comunque, non sanno cosa sia una vera riduzione di salario, non sanno cosa sia l’incertezza di poter arrivare a fine mese, non sanno cosa sia la disoccupazione parziale, hanno capi che non li comandano, non li sfruttano e non li esasperano, anno la paga sicura che cresce automaticamente ogni anno.

I docenti sono ancora più privilegiati:  lavorano meno di tutti, hanno più vacanze e hanno paghe superiori alla media. Non sono né giudicati, né misurati, né controllati, vogliono ancora meno allievi per classe, reclamano sempre e non si accontentano mai, fanno le vittime e i frustrati, sanno occupare le piazze solo pro-sacocia.

Ebbene anche se fossero al 100% vere e provate, io non ci credo, questo non dovrebbe comunque condurci in nessun caso a fare un taglio lineare  ai loro salari. Il taglio dei salari è l’ultimissima misura quando si è già tentato tutto il resto, non la prima. E’ una classica punizione collettiva sul piazzale: o tutti o nessuno. La peggior  scelta egualitarista che si potesse fare è stata fatta: fare di ogni erba un fascio. Il Governo e i partiti hanno scelto la via più comoda e superficiale per rovinare e compromettere un tema centrale della revisione compiti dello Stato: la verifica dell’efficacia e dell’efficienza dell’amministrazione. Una scelta che ha creato il fronte contro fronte e lo sciopero. Una scelta che ha riacceso focolai di “lotta di classe” venati di invidia, ma attenzione, non quella vecchia marxista tra padroni e operai bensì quella tra lavoratori del privato e lavoratori del pubblico.

E’ una misura, anche se ora attenuata, miope, che rischia di bloccare ogni negoziazione futura per mettere mano davvero al costo del personale che corre indisturbato verso i 1’000 milioni all’anno per poco più di 8’000 dipendenti. Governo e partiti di Governo con questa micromisura, che alla fine farà risparmiare 6 o 7 milioni su una spesa di oltre 970 milioni, compromettono seriamente la realizzazione di misure che dovrebbero essere prese, anzi che avremmo già dovuto approvare in questa sede.

Come faranno Governo e gruppi  a proporre misure concrete e necessarie davvero, come:

–          Blocco delle assunzioni per 3 0 4 anni

–          Riduzione del personale senza sostituire laddove è già in esubero

–          Abolire funzioni obsolete

–          Spostare collaboratori da un settore all’altro

–          Modificare i valori salariali secondo i parametri di mercato per le attuali funzioni

–          Ripensare totalmente il sistema salariale

–          Ridefinire le scale differenziate degli scatti automatici, in certi casi eliminarli

–          Aumentare certi stipendi, diminuirne altri e bloccarne altri

Tutte misure che se  studiate e se proposte sull’arco di qualche anno permetterebbero di risparmiare circa un centinaio di milioni strutturali. Era questo il momento per proporli, per dibatterli, per negoziarli ma tutto è sfumato per puntare su una scelta semplicistica e ininfluente. Dall’anno prossimo via, non illudetevi, è troppo tardi: cominceranno i calcoli elettorali.

Voterò no a questo Decreto, non perché porta pochi milioni di risparmio ma perché blocca qualsiasi altra possibilità di risparmio, mirato, circostanziato, necessario, equo verso l’interno e verso l’esterno nel prossimo futuro. Voto no perché non posso accettare che l’azienda più grande del Cantone non faccia una politica aziendale del personale e salariale selettiva e degna delle sue dimensioni!

Sergio Morisoli, AreaLiberale, 19 dicembre 2012