Pubblichiamo con piacere questo bell’articolo dell’on. Lorenzo Quadri, non senza prenderci la libertà di formulare un’osservazione. Egli scrive: “Con questa semplice frase… si sgretola un fardello politico…” Ma si tratta pur sempre dell’opinione – ammettiamo, autorevole – di UN professore. Immagino che gli Euro-innamorati o Euro-fatalisti sarebbero in grado di procacciarne SETTE, di professori “pro-cedimento continuo”. Loro in queste cose ci sanno fare e gli “accademici” abitano piuttosto le loro stanze…(fdm)


Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di dirlo. E non si tratta di un leghista populista e razzista, bensì di un professore di economia all’Università di Friburgo, Reiner Eichenberger, con una dichiarazione al TagesAnzeiger che ha fatto scalpore. Al professore friburghese va infatti il grande merito di aver infranto, finalmente, un tabù. Come? Con la dichiarazione seguente: la Svizzera può fare a meno degli Accordi bilaterali.

Con questa semplice frase, pronunciata come detto da un professore universitario di economia e non da un leghista populista e razzista, si sgretola un fardello politico che ha trascinato la Svizzera sempre più in basso. E’ lo spauracchio del “senza i Bilaterali siamo sottoterra”, dal quale derivano le politiche del cedimento ad oltranza viste negli ultimi anni: dobbiamo rinunciare progressivamente alla nostra sovranità perché se no l’UE si arrabbia, disdice i Bilaterali e siamo finiti; dobbiamo sottoscrivere gli accordi di Schengen/Dublino perché se no a Bruxelles si inalberano con quel che segue; dobbiamo estendere la libera circolazione delle persone alla Romania e alla Bulgaria altrimenti l’UE si offende; dobbiamo pagare miliardi di coesione agli eurocrati perché se no l’UE ci rimane male; dobbiamo smantellare il segreto bancario e quindi la piazza finanziaria svizzera perché se no all’UE viene il mal di pancia; e via elencando.

Questa impostazione ha condizionato anni di politica federale portando conseguenze funeste: in primis per le regioni di frontiera, ma non solo. Una politica federale che ha avuto ripercussioni negative sull’occupazione, sulla sicurezza, sui costi sociali (cittadini UE a carico della socialità elvetica che non possono essere rimandati nel paese d’origine a seguito dei Bilaterali) e via elencando. Una politica federale improntata a quell’autolesionismo fatto entrare nella nostra mentalità dagli ultimi decenni di strapotere della sinistra sull’educazione, sulla cultura e sui media. Una politica federale improntata al complesso dell’ “interlocutore ha ragione mentre noi siamo brutti e cattivi”.

Tutto questo deve finire. Dovrà finire per forza: se in Svizzera tedesca si parla di Bilaterali è perché anche lì l’accettazione popolare nei confronti di questi trattati diminuisce, aiutata in questo dall’incredibile arroganza e supponenza dimostrata dagli eurocrati di Bruxelles nei confronti del nostro paese. L’estensione della libera circolazione delle persone alla Croazia nel 2014 rischia l’affossamento in sede popolare. Idem il versamento di ulteriori contributi di coesione miliardari (che, va da sé, poi mancheranno quando si tratterà di rispondere alle necessità dei cittadini elvetici).

L’iniziativa lanciata dall’associazione apartitica Ecopop “contro la sovrappopolazione” è per contro riuscita: questa iniziativa mira a limitare l’immigrazione, si pone quindi in aperto contrasto con la libera circolazione delle persone. Non sempre il terrorismo di Stato prima delle votazioni popolari funziona. Non sempre permette di ottenere dalle urne il responso filoeuropeista sperato. Il ventesimo anniversario del No elvetico allo SEE è trascorso da meno di un paio di mesi.

Il Consiglio federale con i suoi specialisti, invece di limitarsi a ripetere la storiella, ora autorevolmente smentita, che senza Bilaterali facciamo la fine del Titanic o della Costa Concordia (a scelta), analizzi seriamente ed in modo oggettivo quali sarebbero le conseguenze reali della rescissione degli Accordi bilaterali e cosa succederebbe senza né Bilaterali né, ovviamente, adesione all’Unione europea. Si tratta, in sostanza, di elaborare una “exit strategy”.

Se questa analisi non è ancora stata fatta, è forse perché si teme che ne emerga che gli Accordi bilaterali non sono poi così “irrinunciabili”?

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi