Cronache di ordinaria follia
Locarno, dal festival

Come al solito approfitto della presenza di un Ospite per dire, in poche righe, la mia. La frase di Soldati che io stesso ho evidenziato è particolarmente significativa e riflette, anche, il mio pensiero. Pensare a delle Brigate Rosse in lotta contro il PCI è semplicemente assurdo. La memoria degli uomini può essere ben corta, ma la decenza impone di non esagerare: il PCI per anni arrivò al punto di negare l’esistenza del terrorismo rosso (erano fascisti travestiti, erano agenti della CIA, ecc. ecc.). Il povero Montanelli si sforzava eroicamente di controbattere ma quelli, scocciatissimi, lo gambizzarono. [fdm]


Caro Francesco,

la polemica infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola… bandiera rossa!

Ho seguito con un miscuglio di ripugnanza, avversione e disprezzo la polemica suscitata dall’apparizione pubblica di un tarato mentale inguaribile di nome Giovanni Senzani. Hai pubblicato numerosi interventi sul tema, con i tuoi soliti, brevi, concisi e puntuali commenti. In particolare hai affermato che i responsabili della presentazione che ha provocato tanto scalpore (e disgusto) sono due, schivando l’oliva dei nomi o almeno della sedia occupata in seno alla dirigenza del festival. Esattamente quel che penso io, riferendomi, per non far nomi, a Marco Solari e Carlo Chatrian o come diavolo si chiama.

Quest’ultimo l’ho sentito alla tele, dove ha dato prova di una sicumera (precisiamo: atteggiamento scostante di presuntuosa superiorità) fastidiosissima. Lui, superiore a tutti noi, si occupa e preoccupa di una sola cosa: la qualità artistica delle opere che propone agli spettatori, tra i quali non sono mai stato, per un motivo semplicissimo: ognuno è libero di voler diventare o essere “artista”, ma deve farlo con le sue forze, non come si fa nell’ambiente “cinematografico e artistico” svizzero, a suon di decine di milioni di sovvenzioni. Come si fa invece e per esempio a Hollywood, dove gli artisti diventano tali quando fanno film che oltre ad essere più o meno artistici producono anche qualche spettatore. Altrimenti vanno, come è giusto che sia, a dare il contributo delle loro braccia all’agricoltura.

Per quel che mi concerne, e penso che sia quel che presumevi, approvo al 101% la presa di posizione di Fiorenzo Dadò e Paolo Sanvido, disapprovate, e non poteva essere altrimenti, in due articoli su “La Regione” (Lorusso, chi era costui?, e Mariano Morace, critico abbastanza orientato a sinistra e quindi sempre benvenuto a Locarno, dove il buon costume e la tradizione esigono la correttezza politica totale e assoluta). Ha detto la sua anche il tuo amico scrittore per antonomasia. Ne ho ricavato un insegnamento: “l’ideologia, quella di estrema sinistra, non giustifica mai ….”. Ma quale ideologia! I brigatisti rossi, italiani o tedeschi che siano stati, vanno considerati dei tarati mentali, in una zona che situerei tra l’imbecillità e l’idiozia sulla scala della validità mentale, incapaci perciò di qualsiasi ideologia, per rozza e primitiva che sia.

E che si tratti di tarati mentali lo dimostrano proprio il Giovanni Senzani e il suo amico Prospero Gallinari, recentemente defunto, incapaci perfino di pentirsi: assassini demenziali di gente disarmata, indifesa e innocente, per sovvertire un mondo al quale si sono sempre rivolti piagnucolando e supplicando difesa e protezione quando si trattava della propria ignobile persona. E personalmente non mi è piaciuto il fatto che lo “scrittore” calchi la mano sul fatto che il brigatista non pentito di cui parliamo sia adesso “un uomo libero”: per essere veramente uomini liberi ci vuole un minimo di struttura etica di cui il Senzani è totalmente e credo definitivamente privo!

L’Oreste Pivetta, su “L’Unità”, nell’articolo che hai riportato, ha scritto di uno stratega, il Senzani, “di improbabili rivoluzioni contro il PCI”. L’articolo non è male, per un comunista, ma la memoria dell’autore è corta, anzi monca: il PCI è stato per anni e decenni il protettore evidente e manifesto dei brigatisti: nessuno, neanche i tarati mentali di cui stiamo parlando, fa “improbabili rivoluzioni” contro i propri protettori.

Mi fermo qui, perché ho letto che Davide Rossi, inviato speciale a Locarno di non so chi, ha emesso la sua sentenza: nessuno, dice lui, ma proprio nessuno, dico io, deve fare oggetto di una strumentale polemica politica l’opera di Pippo Delbono.

Il nuovo direttore artistico del festival, appena arrivato, mi sembra che si appresti a seguire la strada del suo predecessore, finito, con tutti i riguardi del caso, con la coda tra le gambe. Giovane dotato che sta dedicando la sua vita all’arte nel cinema, non è purtroppo in grado di capire che anche la ripugnanza (ma dovrei parlare di schifo) della grande maggioranza dei contribuenti che finanziano la sua meritevole attività è una nobile manifestazione dell’animo umano, da rispettare sempre e comunque.

Quanto al suo diretto superiore, forse è giunto il momento di cominciare a pensare alla meritatissima quiescenza. Un diritto che, dopo decenni di disinteressato e indefesso impegno in favore della Migros dapprima, del turismo poi, delle sovvenzioni statali sempre e per finire del Festival del Cinema di Locarno, nessuno gli può negare. Comunque sia i tre “Signori”, Marco Solari, Carlo Chatrian e Pippo Delbono, si facciano un esame di coscienza e riflettano un po’ su quella che un illustre signore dai capelli bianchi ha chiamato, citando un giornalista italiano, “sostanziale complicità postuma”.

Gianfranco Soldati