… dell’italica Repubblica delle torture.


[fdm] In questo testo, che non esitiamo a pubblicare (benché ci sembri assurdo), abbiamo trovato almeno due perle. Ve le evidenziamo:
— “un cittadino che per il suo passato antagonista (…)”
— “Càpita in guerra, signor Caselli, non lo sa?”

Andiamo dunque a esemplificare la “guerra antagonista” di cui parla Carlo Curti.

Alle 11 di mattina del 28 maggio 1980, crolla sul marciapiede Walter Tobagi, giornalista del Corriere, ucciso da un “commando” di terroristi (Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano), buona parte dei quali figli di famiglie della borghesia milanese. Due membri del commando in particolare appartengono all’ambiente giornalistico: sono Marco Barbone, figlio di Donato Barbone, dirigente editoriale della casa editrice Sansoni (di proprietà del gruppo RCS), e Paolo Morandini, figlio del critico cinematografico del quotidiano Il Giorno Morando Morandini.

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Lo abbattono con quattro colpi sparati alla schiena, poi – sull’uomo a terra – il colpo di grazia, fulminato dietro l’orecchio. Non so se gli assassini siano ritornati rispettabili “cittadini” (secondo il termine curtiano) a piede libero, pronti per essere invitati – a illustrare il loro ideale – a Locarno. Attenti però! Solari non stringerebbe loro la mano. Si può essere più insensibili di così? Che mancanza di savoir faire!


Sembra che il super magistrato torinese, interpellato da giornalisti sulla presenza al Festival di Locarno di un film con Giovanni Senzani (Sangue), si sia espresso così: Indecente! Ne prendiamo semplicemente nota, senza stupore né astio, considerate anche le gesta “eroiche” compiute dal democratico super inquisitore nella difesa dell’ordine costituito (delle banche, della finanza e degli interessi multinazionali) e aggiungiamo solo qualche parolina.

Se è indecente la partecipazione ad un evento culturale pubblico di un cittadino che per il suo passato antagonista ha scontato decenni di carcere speciale, come possiamo definire quella di diversi magistrati, ancora in attività, che da SEMPRE hanno negato l’evidenza della pratica della tortura verso i prigionieri di quella stagione, recentemente riconosciuta anche da un eminente uomo politico di quei tempi?

Il signor Amato dice cose non vere e il signor Caselli continua, da irriducibile combattente di una guerra che non c’è più, a fare la stessa cosa? A Stoccarda hanno inaugurato, proprio in questi giorni, una mostra-museo sui loro anni di piombo. Si rivedono le armi, moto e auto usate dai gruppi di fuoco della RAF (Frazione dell’Armata Rossa) negli attentati e i sofisticati mezzi usati dai reparti speciali per combattere la guerriglia, poster che ricordano i ricercati e l’ordine dato dall’allora
cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt al suo governo, ai servizi, agli alleati: “Se quelli della Baader-Meinhof mi rapiranno, lasciatemi uccidere, non negoziate, non cedete nulla con loro”.

Vinse lui con l’unità speciale tedesca GSG-9, addestrata dagli inglesi e guidata dal colonnello Ulrich Wegener, ex dissidente tedesco-orientale reduce da anni di prigione perché voleva organizzare gruppi combattenti oltre il muro con i dissidenti polacchi e cecoslovacchi. Gli altri vennero annientati, non solo militarmente. Càpita in guerra, signor Caselli, non lo sa? O crede ancora che il bene e il giusto stia solo tutto da una parte? Con lei ci sono molti uomini di cultura e di alto spessore civile ma anche dall’altra parte non se la passano male e, forse converrà, non sono tutti degli irriducibili fanfaroni megalomani.

In Germania i cittadini sanno che c’è stato un periodo di strisciante guerriglia metropolitana che fu superato facendo ricorso ad ogni risorsa possibile, in Italia invece sembra che l’emergenza degli anni di piombo sia stata superata con la costituzione democratica bene in vista sulla punta del fucile. I suoi compatrioti, alla prossima tornata elettorale, le faranno sapere come la pensano.

Carlo Curti, Lugano