Proposta di “salario minimo cittadino”

Pubblicato nel Corriere del Ticino di lunedì 30 dicembre


È di questi giorni la notizia che la Città di Lugano ha tagliato 26 posti di lavoro non rinnovando il contratto di inserimento professionale. I lavoratori, che confidavano in un rinnovo del contratto, sono stati lasciati a casa a causa delle casse vuote del più grande (e più esposto socialmente) comune ticinese. Un accompagnamento più incisivo di queste persone, che svolgevano attività pubblicamente utili, sarebbe stato auspicabile.

Ma forse non è troppo tardi: il Municipio luganese potrebbe impegnarsi in un accordo di sostegno al lavoro con i comuni viciniori, che approfittano largamente dei vantaggi della vicinanza della città. Sarebbe il primo passo verso la ricerca di una soluzione al problema della disoccupazione nella regione di Lugano, un problema viepiù grande e che incide concretamente sulla vita di un numero crescente di persone. Va in questa direzione, ed è stata lanciata con questo intento, la petizione promossa dal Partito Socialista cittadino “Sì al reinserimento professionale – No alla politica dei tagli!”.

Oltre al lancio della petizione, che invita alla solidarietà pro-lavoro fra Lugano e i comuni viciniori, il PS cittadino guarda con interesse e simpatia a un’iniziativa promossa da un gruppo di cittadini e che ha avuto le prime adesioni su un social network. “Basta stare zitti (è un nostro diritto avere un lavoro)” è un’iniziativa apartitica e antirazzista di un gruppo di cittadini luganesi, svizzeri e residenti, preoccupati dell’incidenza del lavoro frontaliero in città. Ora, è chiaro che un certo numero di lavori può e potrà essere svolto, fintanto che non ci saranno ticinesi e residenti formati in varie professioni o finché alcuni impieghi non verranno considerati attrattivi dai ticinesi e dai residenti, dai frontalieri che vanno e andranno ad occupare questi posti di lavoro lasciati liberi.

È altrettanto chiaro, tuttavia, che un certo numero di impieghi, a Lugano e dintorni, vengono messi a disposizione di una forza lavoro frontaliera disposta ad accettare contratti di lavoro inaccettabili per ticinesi e residenti. Il PS Lugano invita, quindi, imprese e imprenditori luganesi a guardare con maggiore attenzione alla responsabilità sociale nei riguardi della popolazione residente, responsabilità sociale che consiste anche e soprattutto nel poter offrire salari dignitosi per i lavoratori che vivono in Svizzera.
Finché il lavoro, a Lugano, rimarrà del tutto succube alla concorrenza di salari al ribasso, accettati e accettabili solo da chi vive fuori del nostro Paese, la precarizzazione di una sempre più grande fascia della popolazione residente sarà inevitabile con gravi ripercussioni sociali.

Il PS Lugano ritiene che la causa di questi mali sociali sia da ascrivere all’abbassamento sistematico dei salari in loco in presenza di una forza lavoro esterna disposta ad accettarli, e quindi a una concorrenza in qualche modo indebita o quantomeno socialmente scorretta. Il Municipio di Lugano è allora invitato a proporre un progetto pilota di “salario minimo cittadino” per tutta una serie di lavori, in sinergia possibilmente con le forze imprenditoriali della città stessa. Questo salario minimo cittadino potrebbe essere una sorta di “marchio di qualità e di socialità” che le imprese cittadine potrebbero rivendicare ed esibire. Lo stesso Municipio, con un lavoro capillare di informazione, potrebbe privilegiare le imprese che hanno deciso di aderire al progetto pilota, segnalandole alla popolazione.

Sergio Roic, membro di direzione del PS di Lugano