No all’aumento delle imposte e ai tagli nella Costituzione (titolo originale)

(fdm) Un’osservazione sull’avverbio “obbligatoriamente”. Secondo la legge contestata l’aumento del moltiplicatore può essere deciso dal Gran Consiglio con la maggioranza qualificata dei 2/3. Detto ciò, io voto un convintissimo NO. Il SÌ lo lascio al Partito delle Tasse.

Tanto gentile

Nella mega tornata di votazioni del 18 maggio, ce ne è una a livello cantonale che rischia di condizionare più di tutte la nostra vita negli anni avvenire. È quella di cui si parla un po’ meno ed è un po’ più ostica da comprendere: la legge sul freno ai disavanzi. Questa riforma, dal nome gentile – tanto gentile che se ci fermassimo al nome nessuno di noi potrebbe dirsi contrario – nasconde in realtà un gravissimo pericolo. Dietro quella definizione moderata, infatti, si celano tagli con l’accetta e il famigerato moltiplicatore cantonale d’imposta.

Ma cerchiamo di capire il funzionamento di questa legge che il Governo vuole addirittura introdurre nella Costituzione: così, casomai non funzionasse o servissero dei correttivi, ci vorranno tempi biblici e un nuovo voto popolare per cambiarla. La proposta vuole introdurre un parametro fisso che regoli il rapporto tra entrate e uscite dello Stato. Se il parametro non viene rispettato scattano obbligatoriamente, sottolineo obbligatoriamente, delle  misure o di taglio della spesa o di aumento delle imposte tramite il moltiplicatore cantonale. È una specie di Fiscal Compact: quel simpatico trattato Europeo che sta mettendo in ginocchio una nazione dopo l’altra.

Vogliamo veramente consegnare nelle mani del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio uno strumento, di chiaro stampo tecnocratico, che esonera i politici dall’assumersi le loro responsabilità? Fino ad oggi, infatti, un politico è chiamato a fare delle scelte e a motivarle, se del caso anche davanti al popolo. Nella denegata ipotesi che questo strumento dovesse essere adottato, ci sentiremo dire anche noi quello che già milioni di europei si sentono dire: “non si può fare quello e non si può fare quell’altro: bisogna rispettare i parametri”. Poi che ci sia il boom economico o la più grande crisi economica e occupazione del secolo, non importa. La rigidità, che si trasforma in cecità, è uno degli aspetti più preoccupanti di questo genere di strumenti.

Ma veniamo al dunque. Se questa legge fosse in vigore attualmente saremmo già fuori dai parametri e dovrebbero scattare le “sanzioni”: risparmi o aumento delle imposte. E il taglio lineare dei sussidi su cui voteremo il 18 maggio (e voteremo “no”), che porta a un risparmio di 14 milioni, sembrerebbe una carezza di primavera rispetto a quello che saremmo obbligati a risparmiare per rientrare nei canoni fissati dalla legge. Risultato: referendum a gogo con il popolo che boccia tutto. A quel punto, inesorabile, scatterebbe l’aumento delle imposte.

A questo proposito sappiamo tutti quanto sia difficile incidere sulla uscite, soprattutto se si tratta di riformare l’amministrazione o di fare scelte politiche radicali come la riorganizzazione dei comuni. Oltre a ciò consideriamo quanto lo Stato faccia fatica a darsi una priorità nelle spese pure in un periodo di estrema difficoltà finanziaria e mentre all’orizzonte, come annunciato dal ministro delle finanze in sede di presentazione dei Consuntivi, si annunciano tagli ancor più dolorosi. In questo senso il credito di 3 milioni e mezzo per l’Expo di Milano grida vendetta al cielo. A fronte di tutte queste considerazioni è facile capire come l’aumento delle imposte sarà giocoforza la soluzione a cui andiamo incontro. D’altra parte, in Gran Consiglio, è stato lo stesso relatore di maggioranza a dire di non farsi illusioni in questo senso. Se si introduce il moltiplicatore è per usarlo, altrimenti che bisogno c’era di inventarselo?

Il nostro Cantone prevede già un dettame che regola l’equilibrio tra le entrate e le uscite. Infatti, l’articolo 4 della Legge sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato prescrive che “il conto di gestione corrente deve essere pareggiato a medio termine”. Abbiamo dunque già una legge che ci obbliga a tenere la retta via. Decidere come rispettarla è compito della politica. Non c’è nessun bisogno di inventare mostri burocratici e contabili che ci legano le mani, senza tener conto delle contingenze economiche, con l’unico scopo di poter dire ai cittadini: abbiamo tagliato con la motosega nel sociale o vi abbiamo aumentato le imposte… ma non volevamo: è la legge che ci obbliga.

Il prossimo 18 maggio, quindi, non facciamoci fregare: votiamo tutti un chiaro “no” ai tagli e all’aumento delle imposte nella Costituzione.

Elisabetta Lara Gianella, Lega dei Ticinesi