Sembra superfluo ripetere che la nostra è un’epoca di crisi , termine  che accetto esclusivamente nel significato originario,  ellenico, di transizione o passaggio , mentre  ne rifiuto  categoricamente  la volgarizzazione  economicistica  e materialistica che oggi se ne fa. Non sembri questa una sottigliezza lessicale inutile :  coloro che si sciacquano la bocca  con la  definizione , ripetuta  come un mantra, di crisi economica ,  lo fanno  il più delle volte  per negare l’incapacità  e la malafede  delle  classi dirigenti,  attribuendo  al Fato o al Cielo lo spaventoso disastro  morale e materiale  di cui  siamo  spettatori ,  che invece  è soltanto  opera loro.

Puntualizzato  questo,  riconosciamo pure  che in tutti i periodi  di veloce cambiamento  si verifica il fenomeno  della  obsolescenza  dei modelli sociali  e di sviluppo. Non ci deve quindi meravigliare  che anche la Destra  sia oggi precipitata in un marasma  che l’ha divisa in mille  rivoli,  correnti e correntine,  fondate esclusivamente  su personalismi e clientelismi. Il motivo tecnico di ciò, lo si lasci dire a un sociologo,  è la constatata  insufficienza  dei modelli  culturali  classici, inidonei  ad inquadrare una realtà  profondamente  mutata. Niente corrisponde più  a quel che esisteva  una volta: il ceto medio  è scomparso,  per effetto dell’alleanza ormai cinquantennale  fra la sinistra  sindacal- politica e i poteri forti della grande industria assistita e della finanza d’assalto; i valori  che lo caratterizzavano, il risparmio , le virtù familiari,  la stabilità  del matrimonio,  la corretta educazione della prole, la pratica religiosa,  sono stati travolti  senza lasciare  rimpiazzi,  bensì  un vuoto totale,  ossia  la situazione anomica di cui parlava il Durkheim .

La società di oggi  appare dominata da ristrettissime oligarchie di superricchi e da sterminate  masse di vecchi e nuovi poveri , privi di qualsiasi  protezione  e voce in capitolo nella gestione della cosa pubblica. Ciò ha posto in crisi  il sistema tradizionale  della  rappresentanza  politica,  una volta affidata  a partiti  in dura competizione  tra loro,  oggi  appiattiti invece  uno sull’altro , tanto che distinguere i loro programmi  diventa quasi  impossibile. La verità è che  il ceto  dominante  li ha asserviti tutti  mediante il denaro,  e per questo  la democrazia  si è trasformata in una  pura finzione giuridica,  che serve soltanto a conferire  una parvenza di legittimità  ad un sistema  di fatto tirannico e illiberale. Ormai,  al cittadino onesto,  non tutelato  dalle cosche mafiose che egemonizzano i pubblici poteri,  è vietato  tutto: ritirare i propri soldi dalla banca, spenderli come e dove meglio ritenga  opportuno,  parlare al telefono  o scambiarsi messaggi  elettronici  senza che tutti  ne conoscano il contenuto,  comprare o vendere casa, concedersi  il lusso di una vacanza  o cambiare la residenza  a proprio piacimento. Tutto ciò nel nome della lotta all’evasione fiscale, in quanto  le ingorde fauci  della malavita, che agisce  tramite lo Stato,  intendono ingurgitare fino all’ultimo centesimo di quel che resta delle proprietà,  del reddito,  dei risparmi dei sudditi. Questa è libertà? E’  democrazia?  Non fateci ridere!

Neppure la  Destra possiede  una visione  valida  da contrapporre  a tale sfacelo. Essa appare disorientata , inebetita  di fronte  a un cambiamento storico  che va ben oltre  l’economico e il sociale, per assumere le caratteristiche di una  mutazione antropologica,  simile a quelle  che fecero seguito  alla caduta dell’impero romano  o alla scoperta dell’America. Purtroppo,  aggiungiamo  con molta tristezza ma con crudo realismo,  ciò capita  in un momento  nel quale  la sua classe  dirigente  è in prevalenza  composta da uomini  d’apparato, yes men selezionati  applicando la legge  di Parkinson , obbedendo alla quale i più inetti  e incapaci  si trovano  ai vertici,  mentre  i più validi e dotati sono  accuratamente  messi da parte.

Ecco perché tutto coloro che ancora possiedono  una testa  per ragionare  correttamente e autonomamente  rispetto alle lobby  di potere,  hanno l’obbligo di avanzare  proposte  e prendere iniziative  di rottura. Lo scopo  deve essere  l’edificazione  dal nulla,  come avvenne nel dopoguerra,  di una Nuova Destra  unitaria,  non soltanto  composta da uomini nuovi,  onesti e preparati, ma anche  dotata degli strumenti d’indagine  sociologica, politologica  ed economica adeguati ad una  realtà  totalmente  diversa. Ciò in vista della realizzazione di un  modello sociale,  di sviluppo e di crescita  alternativo  a quello vigente,  in mancanza del quale  non vi è futuro per la nostra civiltà. Per raggiungere  tale scopo  occorre  seguire tuttavia  una  road map  precisa ,  di cui mi permetto suggerire  talune  possibili  tappe.

Bisogna quindi organizzare una Convenzione  nazionale in tempi brevi, per il confronto  e la discussione delle tesi  seguenti:

  • la necessità  di far ripartire una crescita  non drogata  dal consumismo di massa, al contrario di quel che  avvenne  negli anni ’60 , fondata sul principio di qualità che deve sostituire, integralmente  e  ad ogni livello, quello di quantità .
  • Si deve favorire la nuova  imprenditorialità, soprattutto giovanile,  non abbandonando il mercato a se stesso, (ciò che in pratica vorrebbe dire alla legge del più forte, del più mafioso e prepotente), bensì  restituendo dignità ad una politica  orientata al bene comune.  Per giungere a tanto, occorre  cambiare  i quadri  dei partiti,  inserendovi personalità  estranee al vecchio ceto dirigente,  preferibilmente  se sconosciute alla grande cronaca,  purché capaci   ed oneste.
  • Questo,  tuttavia,  non basta. Poiché la natura umana  è sempre  corrotta e corruttibile, bisogna limitare drasticamente il potere dei partiti,  riconducendoli  alla loro funzione naturale di orientamento dell’opinione pubblica  e non  di rappresentanza  diretta d’interessi privati,  come oggi accade. Il mezzo è la formazione  di una Seconda Camera, espressione della società civile ed eletta direttamente da questa,  senza  intermediari partitici.
  • Occorre poi che i nuovi poteri,  così formati,  procedano  all’immediata  e radicale  riforma del Welfare ,  che nella sua attuale configurazione  tutela  esclusivamente  i lavoratori sindacalizzati,  mentre abbandona  a se stessi  coloro che perdono il lavoro o non l’hanno mai trovato. Pertanto,  tutte le previdenze  e assistenze oggi esistenti, fatti ovviamente  salvi i diritti già maturati,  devono essere eliminate,  come pure le trattenute sugli stipendi  ad esse imputabili, e  sostituite  da un  solo istituto: il Reddito Minimo Garantito,  elargito esclusivamente  a coloro che si trovano,  non per loro  libera scelta, al di sotto di un minimo sussistenziale da quantificare,  e solamente  per il periodo  in cui perdura il loro  stato di indigenza. Ciò in cambio di un lavoro sociale obbligatorio e della  regolare frequenza di corsi di riqualificazione  professionale.
  • Le previdenze  e assistenze  soppresse  verranno quindi  rimpiazzate mediante la stipula di una polizza  obbligatoria  sulla vita  e sulle malattie,  da contrarre  con compagnie private. Ciò esige il totale riordino legislativo  del settore  delle assicurazioni,  a prevenzione di cartelli monopolistici  e  a garanzia  contro eventuali  fallimenti.
  • La sanità dovrà essere privatizzata,  non  nel senso che quella pubblica debba sparire, bensì operare in regime di libera concorrenza, senza  sovvenzioni  aggiuntive,  con quella privata.
  • Gli enti preposti all’erogazione delle attuali  previdenze  e assistenze  saranno radicalmente ridimensionati, in proporzione ai loro  ridotti compiti. Ai dipendenti  in soprannumero verrà provvisoriamente  erogato il Reddito Minimo Garantito,  in attesa di essere riqualificati e spostati al settore privato.
  • Vi dovrà essere inoltre  un completo  riordino legislativo  del settore bancario  a prevenzione di cartelli , manovre  speculative  su titoli spazzatura e prevedendo  l’obbligo,  sia pure percentualmente  limitato e a condizioni  di ragionevole prudenza, di erogare il credito  alle nuove imprese tramite operazioni  di Venture Capital.
  • Sul piano fiscale, visto che in Italia la pressione tributaria reale raggiunge il 70% , quota assolutamente incompatibile con lo sviluppo,  occorre ridurla di circa la metà, per attestarla intorno al 35%.
  • Lancio di un prestito obbligazionario  forzoso  e fruttifero,  detto  della  Ricostruzione , a sostegno dei costi inizialmente indispensabili per avviare  i mutamenti  indicati, che dovrà essere  restituito progressivamente,  mano a mano che la spesa pubblica calerà.

Queste le tesi  di partenza  che propongo per gettare le basi di una autentica rivoluzione  sociale  e politica  , su cui avviare una proficua discussione. Ad altri il compito di ribatterle,  integrarle , contrapporne  di nuove  e, se esistono ,  di  diverse.

Carlo Vivaldi-Forti