RushmoreKurt Pelda è un inviato di guerra della “Weltwoche” e di altri organi di informazione europei sui fronti della “primavera araba” e adesso su quelli medio-orientali, con particolare riguardo a Siria e Isis.

Con anni di presenza sul terreno si è costruita una conoscenza di quel mondo che pochi possono vantare. I suoi articoli appaiono regolarmente sul settimanale zurighese e permettono di farsi un’idea delle forze dittatoriali, terroristiche o esterne a quei paesi, USA in particolare, che si agitano in quel disperato focolaio di atrocità e distruzioni senza fine. soldatiLe sue analisi e i conseguenti rapporti sono però condizionati da due suoi convincimenti che trapelano evidenti dalla lettura regolare e attenta dei suoi commenti: una spiccata simpatia per gli USA, considerati guardiani benevoli e apportatori di giustizia e democrazia da una parte, e dall’altra una feroce ostilità nei riguardi di Bashar al-Assad, considerato un feroce e sanguinario despota che non esita a bombardare suoi concittadini, donne e bambini compresi, per tenere in sella se stesso e il suo clan. Secondo Pelda l’eliminazione politica o anche fisica di Assad è una conditio sine qua non per la pacificazione del Medio Oriente. Con simili convincimenti di carente fondatezza (questo è un mio convincimento) le sue interpretazioni degli accadimenti perdono inevitabilmente la pertinenza richiesta a un inviato speciale che scrive su un periodico che si vuole neutro e oggettivo nella misura del possibile.

Comunque sia, bisogna riconoscere che Pelda ha denunciato su “Weltwoche” parecchie “stranezze” attorno alle moschee di Aarau e Winterthur parecchie settimane prima che la Procura federale si decidesse ad aprire un’inchiesta.

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I turbo-ecologisti, la stupidità e l’idea dell’infinito   Dire che la stupidità è la sola cosa che possa dare a ciascuno di noi un’idea di cosa sia l’infinito è un’affermazione paradossale ma non priva di realismo. La stupidità è prodotta, altro paradosso, da persone intelligenti, perché gli stupidi sono improduttivi e si limitano a vivacchiare finchè morte ne segua. Dato che la stupidità è immensa, è logico pensare che gli intelligenti devono essere numerosissimi, perché qualsiasi intelligente benpensante non è in grado di produrre stupidità a getto continuo. Negli ultimi anni una quantità considerevole della merce di cui sto parlando l’hanno prodotta i turbo-ecologisti. Ci hanno terrorizzati con la morte dei boschi, ancora vivi e fin troppo vivi, poiché oramai stanno facendo scomparire i pochi prati rimasti sui monti, strappati al bosco con il lavoro e i sacrifici di generazioni di contadini. Sono riusciti a far mettere nei boschi orribili trappole di plastica con feromoni per attirare e annientare innocui maschietti dei poveri bostrici. Poi abbiamo tutti dovuto vergognarci dell’acidificazione dei nostri meravigliosi laghetti alpini, con inarrestabile morìa di trote e salmerini, per colpa dei gas di scarico delle nostre automobili. Un nostro consigliere di Stato e un suo funzionario di massimo livello (quello che consigliò, dopo Tchernobyl, 1986, di spazzolare la lattuga prima di consumarla e di rinunciare alla raccolta dei funghi così impregnati di cesio radioattivo da diventare luminosi anche nelle notti nebbiose e senza luna) proibirono i fuochi all’aperto che producevano particelle di polvere che si caricavano, fenomeno ancora in attesa di chiarimento, di tutti i metalli pesanti e tossici che dal terreno salivano in aria per accoppiarsi incestuosamente con le suddette particelle, cui diedi il nome di “Camarespi” a perenne ricordo dei due scopritori. Poi, o prima, non ricordo bene, fu scoperto, horribile dictu, il buco dell’ozono, ben più temibile di tutti gli altri buchi allora conosciuti. L’umanità rischiava di far la fine di quei nostri antenati (parecchi geni del Tirannosauro Rex sono ancora riscontrabili in parecchi governanti che conosco bene) estinti molte decine di milioni di anni fa, non si sa se per un colossale fuoco all’aperto di un vulcano a sua volta estinto o per la caduta di un gigantesco meteorite di cui, purtroppo, non si ritrovano tracce. Adesso siamo all’abbandono dell’atomo come fonte di energia elettrica, per le bombe nessuno dei detentori si sogna di abbandonarlo.

Ma il maggior contributo alla creazione incessante di stupidità adesso lo stanno dando gli adepti del genderismo, quelli che tra l’altro pretendono che il neonato abbia solo genitori uno e due e che sia poi lui a decidere se vuol essere femmina o maschio, verso i due o tre anni, prima essendo neutro ma provvisto delle due potenzialità. Mi consolo pensando che la differenza tra il nostro capitale genetico e quello di un neanderthaliano (o dello scimpansé, cambia poco) è solo dell’1% o poco più).

Le moderne teorie dei genderisti costituiscono un’evoluzione del pensiero di Trofim Lysenko, che fu in grande voga perché ebbe il favore di Stalin per circa un ventennio, quando fu poi dimostrata l’inconsistenza della sua teoria: in poche parole, sosteneva che l’evoluzione genetica è condizionata dall’alimentazione e dall’ambiente di crescita (famiglia e habitat naturale). Si trattava in pratica di una “propaggine” della teoria di Jean Baptiste de Lamarck, zoologo francese che sosteneva che “l’uso sviluppa l’organo” (il tentativo di mangiare le foglie poste in alto degli alberi ha fatto allungare il collo alle giraffe). Teorie tutte definitivamente smontate da Charles Darwin che, con Gregor Mendel che formulò le prime leggi inconfutabili dell’ereditarietà, può essere considerato il padre della genetica classica. Alle lezioni di zoologia di uno dei pochi veramente grandi professori (molti erano i mediocri) di cui ho potuto beneficiare nel mio percorso universitario, Robert Matthey, Losanna, nel 1954, molte ore furono dedicate alla confutazione delle teorie oramai sospassate di Lysenko.

Ripeto quindi e sostengo che il genderismo, che in pratica è un tentativo di “rianimazione” delle tesi di un agronomo russo divenuto celebre solo perché gradito a Stalin, è una pseudo-teoria, manifestazione dell’immensa stupidità umana.

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L’imprendibile e contumace Falciani  Delle modestissime prestazioni della nostra Procura federale da una quindicina di anni in qua ho scritto a più riprese, ricordando anche i nomi di procuratori generali che si sono particolarmente distinti per la loro incapacità a far fronte ai gravosi compiti. Ho scritto di Valentin Roschacher, dimissionario, di Erwin Beyeler, praticamente “dimissionato d’ufficio” dalle due Camere che non lo hanno rieletto, e dell’attuale “grande capo” Michael Lauber, impegolato tra l’altro in malo modo nella faccenda Blatter-FIFA. Quest’oggi 12 ottobre leggo di una sua ulteriore manchevolezza, quando per i suoi difficili rapporti con i servizi segreti svizzeri, informati dai colleghi tedeschi che qualcuno stava cercando di vendere in Germania dati bancari svizzeri, si lasciò sfuggire l’occasione di “impacchettare” l’Hervé Falciani, bancario francese attivo a Ginevra, che adesso stanno processando in contumacia presso il Tribunale penale di Bellinzona.

Gianfranco Soldati