Articolo pubblicato nel CdT come Opinione e riproposto per gentile concessione

Ormai si sta quasi tutto concentrando sul Cassis: Cassis sì – Cassis no (che naturalmente non è quello di Digione). E sull’educazione alla civica. Per fortuna ci sono anche i funghi di stagione. Quest’anno ne è spuntata una specie nuova, quella atomica all’idrogeno: roba da farci sopra qualche bel piatto di crionica nouvelle cuisine, da orientale stramangiada.

Non dobbiamo però troppo lamentarci. Nel nostro cantone siamo fortunatamente rimasti agli ideologici schieramenti contrapposti: guelfi – ghibellini; o, se preferite: illuminati – oscurantisti, radicali – conservatori, intelligenti – ignorantotti. Altro che «la scuola che verrà»: scuola sempre più a rimorchio di una società che non si sa dove sta andando, e quindi dove andrà, tanto si è messa in movimento da quando è diventata «liquida». Nozionismo? Ma fatemi il piacere. Se dovete ottenere la patente di guida vi fanno magari studiare la storia dei mezzi di trasporto? E per poter guidare un veicolo non dovete forse esercitarvi per raggiungere quegli automatismi che, almeno in parte, garantiscono poi l’incolumità di noi tutti?

Ah, sì, la «storia». Certo, anch’io preferisco gli spezzatini con la polenta, più gustosi di quelli che frazionano (spezzettano) l’insegnamento di una realtà globale in molteplici materie/discipline scolastiche. E poi la storia, prima di raccontarla, bisogna saperla viverla, crearla. Ho la netta impressione che sempre più oggi si parli di storia proprio perché non si è più capaci di farla. Anche per la RSI sembra che tutto – tranne i suoi innumerevoli nozionistici giochini – stia improvvisamente diventando storia. Come per i musei che in continuazione nascono per supplire a realtà che vanno ogni giorno vieppiù scomparendo. Ti–tac, tic–tac. A dirla tutta è che le vere storie non vengono mai raccontate. Ma ormai siamo al digitale: all’anti materia, all’anti storia, all’anti scuola. Lo ha detto recentemente anche Marco Solari che il digitale sta oggi al primo posto nelle sue preoccupazioni per il Festival di Locarno.

E il cyberspazio? Uella, Mario Botta, ma come la metteremo con la «luce zenitale» nel giusto «sito»? Con il medio alzato come quello della mano di Maurizio Cattelan in Piazza Affari a Milano?

Orio Galli