Riceviamo e pubblichiamo un contributo assai incisivo di Paolo Camillo Minotti, evidenziando qui un passaggio che ci ha particolarmente colpiti.

“Particolarmente nefasto è stato a questo riguardo l’operato della consigliera federale responsabile, signora Doris Leuthard. Sotto la sua direzione stiamo passando da quel Paese liberale e basato sull’economia privata, che la Svizzera era fino a qualche lustro fa, a un Paese sempre più statalista e dirigista in economia (e per conseguenza sempre meno libero politicamente)”

Ultimo minuto. Ho letto pochi istanti fa un’autentica perla. Debbo comunicarla, non so resistere. Un facebooker scrive: “La No Billag vuole vietare allo Stato di gestire l’informazione indipendente“. Detto con la massima serietà.

Ma se l’informazione è gestita dallo Stato, come fa a essere indipendente? 

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il colosso di Rodi

Leggendo i commenti dei contrari all’iniziativa No Billag usciti sulla stampa, c’è da restare allibiti! Si sta seminando il panico ad arte con affermazioni senza fondamento oggettivo, esagerazioni e anche bugie, che danno luogo a una caricatura della realtà. Siamo ormai a chi la spara più grossa e, se andiamo avanti di questo passo, non sappiamo che cosa dovremo ancora leggere di qui al 4 marzo: forse che la No Billag ….è stata finanziata da Putin per destabilizzare la Svizzera e farne un protettorato russo? Ci limitiamo qui a contestare due o tre asserzioni dei contrari.

La bugia più grande l’hanno detta i dirigenti della SSR (e della RSI) ed è la famosa sentenza secondo cui la SSR non avrebbe un piano “B” in caso di accettazione dell’iniziativa! E chi ci può credere? Infatti, se non si trattasse di una bugia, sarebbe addirittura una colossale assurdità. Qualsiasi dirigenza responsabile di un’azienda seria, di fronte a un rischio anche solo ipotetico di una possibile scomparsa di quasi i ¾ delle entrate aziendali, dovrebbe aver già preparato da mesi non solo un piano B, ma anche quello C, D, E e F! La SSR paradossalmente partirebbe favorita in tal senso: un amico che ha lavorato alla RSI mi ripeteva sempre che vi sono talmente tanti sprechi e l’azienda è talmente sovra-dimensionata che un dimezzamento dei dipendenti sarebbe possibile senza mutare neanche una virgola nel palinsesto dei programmi dei principali canali. Ergo: ristrutturando un po’ la struttura e sopprimendo i servizi non indispensabili (come il secondo canale tv e Rete 3), il personale potrebbe essere ridotto anche a 1/3 dell’effettivo odierno.

Una seconda bugìa riguarda poi l’aspetto temporale dell’ “inevitabile morte” della SSR (per la presunta inefficacia di qualsiasi piano B). I contrari asseriscono che l’accettazione di No- Billag significherebbe la morte immediata dell’azienda, perché l’iniziativa sarebbe perentoria e si applicherebbe immediatamente e, quindi, le Camere federali non avrebbero alcuna possibilità di salvarla con qualche trovata di quelle per cui i nostri politici si sono resi famosi….Ma questo non è assolutamente vero: lo stesso Consiglio Federale nel messaggio all’indirizzo delle Camere dice esplicitamente che l’iniziativa necessiterebbe di una legge d’applicazione, al fine di precisare alcuni dettagli contenuti nell’iniziativa (come per es. la messa all’asta delle concessioni) e per gestire la fase di transizione nel miglior modo.

Anche ammettendo che l’iniziativa verrà applicata in modo onesto conformemente a un eventuale Sì da parte del popolo (cosa su cui non scommetteremmo nulla, dopo le esperienze fatte con l’iniziativa per l’internamento a vita dei criminali pedofili, l’iniziativa Minder, l’iniziativa del 9 febbraio ecc.), le Camere federali hanno un certo spazio di manovra nell’applicazione, sia riguardo al contenuto sia soprattutto per i tempi di entrata di vigore. L’essenziale è che l’obbligatorietà del canone venga effettivamente soppressa; per il resto le Camere potrebbero mettere delle condizioni per la partecipazione all’asta rispettivamente per l’esercizio delle concessioni; inoltre l’idea propugnata dall’USAM nel corso della campagna di votazione di elaborare un mandato diretto della Confederazione per il finanziamento di riconosciute prestazioni di servizio pubblico (servizio informativo di base da assicurare pure alle minoranze, sostegno all’attività culturale di interesse pubblico – per es. l’OSI – , ecc.), potrebbe trovare benevolo ascolto tra i parlamentari. Personalmente non nutro alcun dubbio che ciò avverrà: quasi i 2/3 dei deputati alle Camere avversano l’iniziativa No Billag e , se questa passasse, cercheranno sicuramente di “addolcire la pillola”, tentando perlomeno di assicurare una transizione meno traumatica possibile nonché di evitare quelle che potrebbero essere delle spiacevoli contro-indicazioni dell’iniziativa per le regioni linguistiche di minoranza. Ma anche molti parlamentari che hanno sostenuto No Billag potrebbero trovare ragionevole porre qualche “paletto” per permettere una gestione ordinata della transizione. Per evitare una transizione traumatica e permettere a tutti gli attori in gioco (azienda SSR compresa) di prepararsi al nuovo paesaggio mediatico giocando le proprie carte, è essenziale che ci siano a disposizione almeno due o tre anni di preparazione. Questo lasso di tempo corrisponde d’altra parte a quanto servirà ai politici di Berna per accordarsi su una legge di applicazione in grado di ottenere una maggioranza parlamentare solida e resistente anche a un eventuale referendum.

Orbene, l’esistenza di almeno 2 o 3 anni di tempo per la transizione permetterà non solo alla SSR di impostare una strategia di adattamento alle nuove condizioni, ma anche ai suoi dipendenti di programmare per tempo il loro futuro. È chiaro che con No-Billag la SSR a medio termine dovrà ridimensionarsi (semplicemente perché essa è crassamente sovradimensionata), ma nessuno verrebbe lasciato per strada dall’oggi all’indomani.

D’altronde chi (come molti fra i lettori che scrivono che si sono mobilitati a demonizzare No Billag) pensa che la RSI possa mantenere per sempre gli odierni effettivi ipertrofici, vive fuori dalla realtà. La realtà dell’evoluzione tecnologica costringerà presto la SSR, anche se No Billag dovesse essere respinta, a ridimensionarsi drasticamente. Anzi, per paradossale che possa apparire, l’accettazione dell’iniziativa No Billag permetterà più facilmente una riforma pilotata e quindi una ripartenza di una nuova SSR rinnovata, sia pure sensibilmente ridimensionata. Mentre al contrario il suo rigetto (e l’immediata entrata in vigore della legge approvata due anni fa che ha sostituito il canone di ricezione con un’imposta radio-tv obbligatoria per tutti, anche per coloro che non possiedono né tv né internet) potrebbe causare la crisi della SSR, perché l’imposta approvata 2 anni fa dal popolo con un margine ridottissimo di voti – siccome non ha base costituzionale – sarà senz’altro impugnata davanti ai tribunali e non è escluso che il Tribunale federale la dichiarerà illegittima. In tal caso si innescherebbe una possibile crisi di liquidità della SSR, perché non si potrà evitare che molti cittadini non pagheranno più….

Insomma, la morale della favola rischia di essere la seguente: per non aver voluto riformare e ridimensionare il “dinosauro”, adeguandolo all’evoluzione dei tempi, si sarà causata la sua morte traumatica! Con inoltre l’aggravante che, nella sua crisi rischierà di travolgere anche parecchi editori privati. Per evitare il tracollo infatti, la SSR tenterà il tutto per tutto per sopravvivere. Come? Cercando di espandere la sua attività nel settore online e cercando di accaparrarsi quanta più pubblicità possibile, “rubandola” ovviamente non solo alle tv e ai portali online degli editori privati, ma pure alla carta stampata.

Riassumo il concetto con una battuta, per renderlo più chiaro: secondo me, la scomparsa del CdT, o del GdP, o della NZZ e di altri giornali che fanno il pluralismo mediatico del nostro paese, sarebbe molto più grave di quella della SSR. Ma è proprio ciò a cui la SSR di fatto sta mirando già ora e da un po’ di tempo, in vari modi molto sleali (per usare un eufemismo), tra i quali spiccano le tariffe iper-scontate per la pubblicità tv (che uccidono la pubblicità sulla carta stampata), la recente creazione del pool pubblicitario SSR- Swisscom-Ringier (che renderà la SSR viepiù dominante su tutti i media del Paese) e la già citata espansione nel settore online.

Di fronte a questa evoluzione, rattrista che alcuni editori, anziché fare fronte comune contro il colosso SSR e difendere la loro indipendenza assieme alla sopravvivenza del pluralismo mediatico, si siano invece lasciati comprare dalla SSR (o dal potere politico che distribuisce la manna dei soldi Billag, che fa lo stesso). La strategia della dirigenza SSR e dei politici con essa conniventi (Leuenberger prima, Leuthard poi) è sempre stata l’antica massima dei romani “Dividi et impera”; negli ultimi anni essa ha avuto successi travolgenti: c’è chi (come la NZZ) produce prodotti tv in collaborazione con la SSR, c’è chi come Ringier si allea con essa per conseguire assieme il dominio sul mercato pubblicitario, e tutti accettano “bon gré mal gré” la sua espansione nel settore online. Particolarmente nefasto è stato a questo riguardo l’operato della consigliera federale responsabile, signora Doris Leuthard. Sotto la sua direzione stiamo passando da quel Paese liberale e basato sull’economia privata, che la Svizzera era fino a qualche lustro fa, a un Paese sempre più statalista e dirigista in economia (e per conseguenza sempre meno libero politicamente). Prima la svolta energetica 2050 (una scimmiottatura della politica di Angela Merkel, che in sostanza ha significato in Germania un passaggio dal nucleare al carbone, con tanti saluti alla conclamata necessità di ridurre l’inquinamento atmosferico); e ora l’estensione e la perennizzazione dello strapotere della SSR e della politica sul mondo dei media! Questo rischia di essere il lascito della signora Leuthard, se i cittadini non avranno il coraggio di votare Sì all’iniziativa No-Billag.

Paolo Camillo Minotti
(già granconsigliere UDC)