dal Corriere del Ticino odierno questo incipit

GIUSEPPE LAPERCHIA, docente  «La scuola che verrà» è un documento che, come annuncia il titolo, si auto-promuove auto-coniugandosi «profeticamente» al futuro. Forse perché gli autori erano per primi consapevoli dell’indifferenza con cui il loro testo sarebbe stato accolto. Nella prefazione si parla di «buone idee e innovazioni che vengono dal basso». Ma la verità è che esse per un verso sono ritenute buone a prescindere e, per l’altro, sono invece proprio calate dall’alto. Munite del marchio di quell’ortodossia psico-pedagogistica che da tempo domina la nostra scuola con la pretesa di pensiero unico in sostanza insindacabile, come è tipico di ogni ideologia.» (… … …)

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Un duro attacco, i motori incominciano a scaldarsi. Ma ci attende una lunga estate, che temiamo pigra e sonnolenta, tutti al mare. In settembre uno sprint presumibilmente convulso. La data è il 23. La posta in gioco non è affatto piccola.

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NOTA (in qualche misura collegata). Il 12 giugno il DECS ha convocato una conferenza stampa per spiegare urbi et orbi come sarà organizzato (a partire dal prossimo settembre) l’insegnamento della Civica. Orbene, nessuno dei membri del Comitato d’iniziativa, il gremio che in sostanza ha generato il mutamento di legge e ha stravinto la votazione popolare, è stato invitato. I miei colleghi si sono parecchio irritati ma io ho proposto loro di considerare il gesto (cioè l’omissione del gesto) come una grossolana scortesia e nulla di più. Io sono sempre il più tenero, il più comprensivo.