di Cristina T. Chiochia

Una sorta di infinito la mostra” La Pittura Come il Mare” con le opere di Piero Guccione, visitabile dal 7 Aprile a Mendrisio. Ecco che la mostra diventa testimonianza di ciò che l’uomo ama e desidera scoprire e riscoprire sempre più in una sorta di viaggio esistenziale. E proprio a Mendrisio al Museo d’Arte, è toccata in sorte la prima retrospettiva, a pochi mesi dalla sua scomparsa, di questo grande pittore italiano amante di questa tensione emotiva, più volte sviluppata come tema pittorico in impressionanti oli e pastelli spesso di grandi dimensioni, Piero Guccione. Mendrisio e Piero Guccione si incontrano per una sorta di viaggio emotivo, entrambi appartati ed ameni, ma tanto apprezzati.

Mendrisio che diventa capoluogo del genio artistico di Guccione per testimoniarne la vocazione, prima di tutto, che lo portò ad assolontanarsi spesso da un facile successo per dedicarsi all’assoluto emotivo del mare.

Una mostra, quella di Mendrisio che ne evoca la potenza espressi va e la vocazione artistica quasi ne fosse un breve trattato di emozioni blu ed azzurre (ben espresso dal saggio di Jean Clair in questa occasione ripubblicato).

Ancora quindi qualche giorno, fino al 30 Giugno, per poterne ammirare la tensione espressiva e potersi calare in quella luce e quelll’essenzialità del colore, che fanno della sua pennellata un’esperienza unica.

Mare e cielo come lui li conosceva, insomma, lui nato nel 1935 a Scicli, in quella Sicilia tanto amata e che per oltre 40 anni, mattina dopo mattina, l’ha visto protagonista “a perdita d’occhio”.
Come recita il comunicato stampa “Guccione ha guardato il mare cercando di coglierne le vibrazioni, le variazioni, non per semplice descrittivismo, ma per trovare un’anima che nel mare è dell’uomo.

“Mi attira l’assoluta immobilità del mare, che però è costantemente in movimento.” E’ questa la grande impresa, “quasi ossessiva” – annoterà il critico Michael Peppiatt – che Guccione ha affrontato quotidianamente guardando il mare dall’estremo lembo della sua isola, quale ultimo uomo alla fine della terra, con il suo desiderio di catturare qualcosa che è in continuo movimento, per tradurlo in qualcosa che è fisso”.

A solo titolo di esempio, si cita il bellissimo Ombra sul mare , presente in mostra, del1973-1974 : un olio su tela  delle dimensioni di 45 x 120 cm proveniente dalla Collezione Grafiche Antiga ed il bellissimo “Il nero e l’azzurro” del 2003 , sempre olio su tela ma di dimensioni di 150 x 276 cm  proveniente dal Senato della Repubblica Italiana. Pura astrazione? Espressione di un vuoto interiore da colmare? O forse meglio sintesi perfetta di quel “wu wei” primordiale di taoistica memoria, che rievoca spesso, in quel fluire dell’acqua , il muoversi del vento al quando agire e quando non agire? Nelle tele di Guccione, in una logica di “azione senza azione” ed in un perenne agire senza sforzo, ecco che come nel wu wei, per chi scrive, si raggiunge una sorta di equilibrio perfetto, nel continuo divenire del cielo e del mare, in una armonia con la natura unica e per questo, sempre irripetibile.

Come ribadisce il comunicato stampa: ” Il rischio sarebbe stato l’astrazione, eppure le sue opere non sono astratte; il rischio sarebbe stato il vuoto, eppure Guccione non dipinge il vuoto, grazie alla presenza della cultura figurativa del Novecento, che, nel frattempo, ha demolito la figuratività. Mediante i suoi oli l’artista siciliano questa figuratività l’ha ricostruita partendo da quelle macerie”.

Una mostra fortemente voluta e che si rivela per il pubblico svizzero generosa, grazie anche alla partecipazione dell’archivio di Piero Guccione voluto dalla figlia dell’artista (e del marito)  e che vanta la parteciapzione anche di Sonia Alvarez, compagna del pittore. Mostra inoltre che ha molte collaborazioni. Non solo gallerie private quali Galleria Tega, Claude Bernard, Fondazione Il Gabbiano ma anche la Repubblica e  lo Stato del Cantone Ticino, insieme al Fondo Swisslos oltre al Dicastero Museo e Cultura Città di Mendrisio. Una mostra appassionata ed appassionante. Sull’amore per il mare e l’assoluto, spazzato dal vento della creatività umana.