Avevamo trattato il caso delle 17enne olandese Noa Pothoven, depressa per aver subito gravi molestie sessuali all’età di 11 anni, desiderosa di morire. Si era subito creduto che le fosse stata concessa l’eutanasia, poi però i Media avevano ritrattato: la “dolce morte” le sarebbe stata concessa solo all’età di 21 anni, Noa non voleva più aspettare a morire, e si era lasciata morire di disidratazione, sedata e assistita. Aveva esaudito il suo desiderio. Polemiche a non finire, non soltanto poiché la protagonista della triste vicenda era in questione minorenne, ma soprattutto poiché si metteva in discussione l’autonomia di decisione della propria vita da parte di un individuo. In questo caso – se giustamente o no, non ritengo stia a noi deciderlo – la vittima aveva deciso in prima persona di non vivere più.
Differente è il caso che scuote da tempo la Francia e l’Europa intera in questi giorni, di Vincent Lambert, ex infermiere 42 enne tetraplegico e in stato vegetativo dal 2008, quando un terribile incidente d’auto lo ridusse così. Da allora, inabile a parlare ma, soprattutto secondo i genitori, cosciente, Vincent vive in un letto accudito da Pierre e Viviane, suo padre e sua madre, ferventi cattolici integralisti della Fratellanza Sociale San Pio X. Pierre e Viviane, assieme a due loro figli, Anne e David, un fratello e una sorella di Vincent, sono fortemente contrari all’eutanasia di Vincent, fortemente voluta, invece, dalla moglie di Vincent, Rachel, il nipote François e altri cinque fratelli che contestano quello che secondo loro è un accanimento terapeutico di Vincent.
I genitori ribattono a quella parte della famiglia che vuole che Vincent muoia (o smetta di soffrire?) che Vincent si sveglia al mattino, si riaddormenta alla sera e segue con gli occhi i suoi cari.
Per la Corte di Cassazione francese, tuttavia, poco importa se i genitori non avevano alcun problema ad accudirlo, se il loro legale Jerome Trimphe aveva proclamato di non arrendersi, se i sostenitori del diritto alla vita di Vincent hanno chiesto all’OHCHR (il Comitato dell’Onu per la protezione delle persone handicappate) un ricorso contro la decisione della Francia di sospendere qualsiasi decisione di interruzione delle cure: la ministra della salute, Agnes Buzyn, ha dichiarato che la Francia non è tenuta a rispettare la disposizione europea, ordinando così l’arresto della nutrizione e dell’idratazione per sonda a Vincent, condannandolo così a una morte certa, che egli raggiungerà in breve, sotto effetto di profonda e continua sedazione.
I famigliari parlano di “assassinio premeditato”; il fratello David sostiene che non si possa “nemmeno parlare di eutanasia, altrimenti sarebbe stato più veloce: per non essere accusati di eutanasia, bisogna fare in modo che duri il più a lungo possibile, ciò che, a mio parere, è francamente sadico”. Il nipote François ha giudicato la suddetta legge come un provvedimento che “lascia molto margine ai medici e poco ai pazienti”.
Nulla hanno potuto le manifestazioni parigine con i cartelli recanti la scritta Je soutiens Vincent, alla presenza dei legali dei genitori della vittima: per la Francia resta valido quanto sancito nel 2016, ovvero la legge sul fine vita non prevede nessuna eutanasia o suicidio assistito, ma l’autorizzazione a sospendere i macchinari in caso di “ostinazione irragionevole”.
Per il mondo cattolico integralista, sulla vicenda tacciono tutti i più importanti talari, dal Pontefice a mons. Paglia, presidente della pontificia Accademia per la Vita. la comunità di Sant’Egidio, sempre vicina agli ultimi, in questi giorni organizza barbecue per i senza tetto, “alla faccia di Vincent, che muore di fame e di sete” scrivono i cattolici stessi in un blog messa in latino di stampo integralista.
Solo il vescovo di Reims e l’arcivescovo di Parigi avevano preso voce contro la morte imposta a Vincent, per poi tacere quando ormai la condanna era parsa ineluttabile. Ora, i genitori sono rassegnati e attendono l’ormai inevitabile fine imposta dallo Stato per la vita di loro figlio.