di Achille Colombo Clerici, presidente dell’Istituto Europa Asia

Non è facile descrivere la Cina di oggi in due ore – un immenso Paese che in quarant’anni ha compiuto un balzo di quattro secoli – e la sua immensa, contraddittoria, realtà. Ci è riuscito Romano Prodi – professore alla China Europe International Business School e politico, economista, accademico, presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli, per due volte Presidente del Consiglio dei ministri, già Presidente della Commmissione Europea – offrendo un ampio quadro di riflessione, alle centinaia di esponenti della cultura, dell’imprenditoria, dell’alta borghesia e del patriziato convenuti, come ogni anno, all’Incontro (giunto alla 28esima edizione), nel Castello Confalonieri di Caidate, nel Varesotto, organizzato dalla famiglia Belgiojoso.

Al cospetto dell’Arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini, a presentare il tema “La Cina è vicina” e l’illustre relatore, l’editorialista e già ambasciatore Sergio Romano. A fare gli onori di casa Margherita Belgiojoso la quale ha ricordato l’improvvisa scomparsa di Fabrizio Saccomanni, presidente del consiglio d’amministrazione di UniCredit, già ministro dell’economia e delle finanze nel Governo Letta e previsto relatore che, prima del famoso “whatever it takes” di Mario Draghi, denunciò il tentativo degli speculatori di far saltare l’euro.

Non facile anche il compito del cronista costretto a una impervia selezione tra i mille spunti offerti dalla relazione e dal dibattito successivo.

Romano: “Ho visto molte Cine: nel 1949, stalinista, pullulante di esperti e consiglieri sovietici impegnati nella costruzione di una repubblica Sovieto-Cinese e il loro subitaneo allontanamento; la Cina della ‘rivoluzione culturale’ di Mao che tanto entusiasmò suscitò in vaste componenti della società occidentale negli anni 1968-69, che in realtà mascherava con l’ideologia i fallimenti interni; la Cina realista dell’incontro tra Ciù En Lai e il presidente Usa Nixon; la Cina della modernizzazione di Deng Xiaoping diventare protagonista dell’economia mondiale nazionalista, capitalista, illiberale; la Cina di Xi Jinping, dalle ambizioni imperiali e scientifiche, diventata la più temibile concorrente della supremazia
mondiale americana, con il presidente Trump impegnato a bloccare con ogni mezzo (vicenda Huawei) il sorpasso tecnologico.”

Siamo alla Cina di oggi. Prodi: “Piu’ vado in Cina, piu’ la studio e meno la conosco. Di sicuro domina una capacita’ di organizzazione e di lavoro collettivo fantastica.” E continua con alcuni dati. La Cina ha 1 miliardo e 400 milioni di abitanti, il 20% della popolazione del mondo, ma solo il 6-7%  della superficie agricola utilizzabile. E questo spiega la sua politica economica espansionistica che avviene però con una strategia diversa da quella adottata da altri Paesi (vedi l’ambizioso progetto Via della Seta, cooperazione non conquista). Con un Pil che continua a crescere del 6% ufficiale l’anno – una Russia ogni anno per esemplificare – la Cina ha pure raggiunto in alcuni settori l’autosufficienza alimentare:

“Abbiamo fatto uscire 700 milioni di persone dalla fame e dalla povertà” affermano con orgoglio i cinesi. Orgoglio che è il pilastro della loro forza e li convince che il mondo li guardi quale paradigma di estrema concretezza. A noi occidentali che abbiamo sempre considerato il benessere quale conseguenza di liberalizzazione e diritti, Xi Jinping ha detto: “Il mondo guarderà a noi, non a voi.” Un comunismo sui generis in cui conta la meritocrazia. La cronaca sembra dargli ragione. Si moltiplicano gli autocrati, il potere – economico, politico, militare – si concentra sempre di più: la democrazia liberale vive anni difficili.

Il ruolo della Cina è di potenza regionale, con la difesa anche militare della propria area di influenza in Asia, non essendo in grado di contrastare la superpotenza bellica Usa. Con la caduta del Muro di Berlino e del regime sovietico si parlò della fine della storia con l’America destinata a comandare il mondo. In realtà si è creato un mondo multipolare. Non ci sarà, prevede Prodi, una terza guerra mondiale “classica” con il rischio della fine della civiltà se non
dell’umanità, ma ci sara’ una serie di guerre locali. E, in un certo senso, il fenomeno è già in atto.

Il campo nel quale verrà combattuto il conflitto Cina-Usa è quello tecnologico e scientifico. Qui la Cina ha compiuto incredibili passi in avanti grazie a enormi investimenti in istruzione e ricerca. Dalle sue università escono ogni anno 5 milioni di laureati.

Quali potrebbero essere i problemi capaci di interrompere il formidabile progresso della Cina? Di certo non le proteste di Hong Kong, ma la bolla immobiliare (molti i grattacieli vuoti), la struttura finanziaria, i debiti delle Province. Tre settori di grandi squilibri. Ma più importante sembra la trasformazione del mercato interno a causa della riduzione delle esportazioni rallentata dai dazi americani che colpiscono più gravemente
la Cina.

Ultima nota. L’opinione pubblica cinese, almeno la parte interessata ai rapporti internazionali, ha una grande simpatia per l’Italia. Spesso viene citato il singolare parallelismo della civiltà dei due Paesi che ha avuto 2000 anni fa e 500 anni fa (da noi Impero Romano e Rinascimento) i periodi di maggior fulgore anche nelI’Impero di Mezzo.

Achille Colombo Clerici con Giuseppe Barbiano di Belgioioso

Molti gli interventi, che hanno dimostrato come il tema Cina fosse ben presente nel selezionatissimo parterre. Filippo Fasulo, – Coordinatore Scientifico del Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina (CeSIF) – in un intervento programmato ha, tra l’altro, ricordato la storia della Fondazione Italia Cina, che trae origine dall’Istituto Italo Cinese – fondato dal parlamentare della DC milanese Vittorino Colombo il 17 marzo del 1971 – presieduto nel tempo da Cesare Romiti, Achille Colombo Clerici, e da Mario Boselli.