Non avrei mai voluto scrivere questo pezzo. Philippe Daverio, che fu la prima persona in assoluto per che intervistai, per Ticinolive. Lo incontrai una sola volta, una mostra, in provincia di Parma. Imponente, eccentrico, gioviale, acuto, arguto, occhi penetranti – incorniciati dagli iconici occhiali rotondi ottocenteschi – sorriso a mezza via tra un’ironia spiazzante pronta a spiccare e una pacata cordialità, argutezza incomparabile, battute sempre pronte, straordinaria capacità di coinvolgere, in un turbinio dinamico, accessibile a più livelli, molteplice, sia per i colti che per il pubblico, personalità, insomma, irripetibile.

Lo intervistai sul Ticino, ed egli mi disse “è come  la Norvegia, ma con le dimensioni di un quartiere di Milano”: poiché lui era così, limpido, diretto, sincero, non così frequente in personalità di spicco nel panorama della Cultura.

“Il tuo silenzio per sempre è un urlo lancinante stamattina”. È quanto scrive la regista e direttrice del Franco Parenti, Andrée Ruth Shammah, in stretto contatto con il fratello di Philippe, che le ha annunciato la triste notizia.

Philippe Daverio, di anni 70, si è spento ieri all’istituto tumori di Milano. Ineguagliabile storico dell’arte e divulgatore, era stato Assessore alla Cultura di Milano, aveva curato innumerevoli mostre, scritto diversi libri e saggi artistici.

Le sue trasmissioni “Passepartout” trasportavano lo spettatore in un’altra epoca, come solo lui sapeva fare: e se per Caravaggio a Roma (un lombardo in centro Italia) mostrava alla telecamera due vasetti con spaghetti in uno, polenta nell’altro, per parlare della figliolanza illegittima del libertino Nicolò d’Este divulgava la filastrocca “di qua e al di là del Po, son tutti figli di Nicolò”. Una semplicità solo apparente, un’avvenente simpatia reale, una cultura immensa.

Philippe Daverio era tutto questo. E lo sarà per sempre. Anche se nessuno sarà mai come lui, l’Alsaziano per parte di padre, amante dell’Europa, dell’Occidente, dell’Italia, Philippe resterà per sempre “Daverio”.