La decisione del Consiglio della Magistratura di giudicare insufficiente l’operato di 5 Procuratori Pubblici, in carica da anni, ha scandalizzato diversi commentatori. Non stupirebbe quindi se fossero già in corso “grandi manovre” per salvare in qualche modo la “cadrega” ai bocciati, o almeno il lauto stipendio.

Ma il problema vero è un altro: chi nomina i magistrati? Finora l’elezione compete al Gran Consiglio, ma se i risultati sono questi…

In realtà, i deputati non hanno alcuna possibilità di conoscere il valore o meno dei concorrenti. Devono scegliere fra una serie di candidati di cui è noto solo il nome e uno striminzito “curriculum vitæ”. Anche chi dice di conoscere questo o quello, in realtà lo “conosce” come vicino di casa, o per essere andato a scuola assieme, o per aver giocato a calcio nella medesima squadra. Ossia per motivi che nulla hanno a che vedere col lavoro che gli eletti saranno chiamati a svolgere. L’unico criterio che di cui il Gran Consiglio dispone, – piaccia o no – è dunque basato sull’orientamento politico dei vari candidati (“tanti a noi, tanti al tal partito o al talaltro”). Anche l’ipocrisia di parlare di area (sottinteso “di pensiero”), anziché di partito non cambia nulla.

Un cambiamento è dunque indispensabile. A parte l’esigenza di dimezzare il periodo di nomina (dieci anni, al giorno d’oggi, sono un’eternità!), occorre ambiare decisamente sistema.

A mio modesto parere, sarebbe comunque sbagliato applicare semplicemente il vecchio e un po’ stantio ritornello “fuori la politica della magistratura!”. La politica non è, di per sé, qualcosa di sconcio, né i partiti sono quelle associazioni a delinquere che taluni ritengono. Sono invece organizzazioni che raggruppano persone con concezioni e sensibilità affini. Che anche nella Magistratura queste diverse visioni siano rappresentate non dovrebbe stupire nessuno! Chi pretende che i magistrati – pur sempre persone in carne ed ossa – siano ectoplasmi totalmente “apolitici” è semplicemente fuori dal mondo!

Chi la pensa in questo modo auspica di solito di trasferire il diritto di elezione dal Gran Consiglio al Consiglio della Magistratura, o a qualche Commissione di esperti. Ciò significherebbe però passare dalla padella alla brace, ovvero creare un mostriciattolo autoreferenziale, che si perpetua per cooptazione, al di fuori di qualunque controllo democratico.

In democrazia – piaccia o no – il potere (anche giudiziario) deriva dal popolo. Ergo: l’unica soluzione democratica è l’elezione popolare! In tal modo, obietta qualcuno, tornerebbero a dettar legge i vituperati partiti. Ma nulla obbliga a restringere ad essi il diritto di proposta. Se a taluni candidati i partiti proprio fanno schifo, nulla impedisce loro di farsi proporre da qualche associazione o club della cosiddetta “società civile”!

Franco Celio, ex deputato

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Tutti, dico tutti, deplorano la nomina dei magistrati sulla base dell’appartenenza partitica. Provate anche voi a domandare, come ho provato io.

Però tutti, dico tutti, alla fine vi diranno in tono sconsolato “… ma è inevitabile!”