L’articolo del consigliere nazionale leghista esprime bene gli argomenti sostanziali del “fronte del No”, che si trova ad affrontare una difficile battaglia.
A livello nazionale UDC, PLR e CVP sono contrari all’iniziativa della sinistra (un’alleanza rara in questi tempi di Triciclo Trionfante, ma ben venga). Singoli esponenti – anche di rilievo – dei partiti “borghesi” propugnano tuttavia il Sì. In particolare evidenza il presidente del PPD ticinese Fiorenzo Dadò, con il suo stile accattivante ed empatico.
Noi, che siamo sempre stati contrari all’ “unanimismo partitico forzato”, disapproviamo il suo voto ma lodiamo la libera espressione del suo pensiero politico.
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E’ matematico: ogni volta che il parlamento, o i votanti, seguono il moralismo ed il populismo rossoverde, ne nascono disastri.
L’iniziativa “Per imprese responsabili” costituirebbe, se approvata, un esempio da manuale di legislazione fatta sotto il ricatto morale della sinistra. Danneggerebbe non solo la piazza economica svizzera, ma anche – e questo è il colmo – i paesi del Terzo mondo che afferma di voler sostenere.
L’iniziativa fa leva sui diritti umani e sull’ambiente. La tattica è dunque la solita: i contrari vengono criminalizzati come dei nemici dei diritti umani e dell’ambiente.
Le cose però, come spesso accade, non sono così semplici. E l’ennesima dimostrazione di manicheismo eco-socio-radical-chic (o sei con noi o sei un delinquente) fallisce l’obiettivo.
Tanto per cominciare, l’iniziativa viene falsamente denominata “Multinazionali responsabili”. Ma non interessa solo le multinazionali, bensì tutte le aziende. Le quali si vedrebbero scaricare sul groppone una pletora di obblighi di controllo mirati a garantire (?) che le società con cui hanno relazioni d’affari – quindi anche i fornitori ed i subfornitori – rispettino i diritti umani ed ambientali in ogni parte del mondo. E non già secondo le leggi locali (per questo non servirebbe un’iniziativa; eventuali violazioni potrebbero già essere perseguite in loco, dalla giustizia del posto) bensì secondo quelle svizzere. Si pretenderebbe dunque, con chiari intenti imperialisti, di imporre le nostre regole in casa d’altri. Quello che vorrebbe fare l’UE con noi tramite l’accordo quadro istituzionale, e che noi – giustamente – non intendiamo lasciarle fare.
Disposizioni come quelle chieste dell’iniziativa non esistono da nessuna parte al mondo. La “voglia matta” di fare i primi della classe ci si ritorcerebbe contro come un boomerang. Sapendo con quali e quanti nuovi obblighi si ritroverebbero confrontate, le aziende con sede in Svizzera che potranno partire per altri lidi non esiteranno a farlo. E porterebbero via con sé posti di lavoro ed introiti fiscali. Allo stesso modo, è evidente che nessuna nuova impresa si sognerà di arrivare in Svizzera. Men che meno in Ticino, che già si trova sul fondo della classifica dei Cantoni attrattivi per le società.
Come abbiamo ormai sentito in tutte le salse, la pandemia da virus cinese ci porterà la peggiore crisi economica del dopoguerra. E come pensa di reagire la sinistra tassaiola? Caricando persone fisiche e giuridiche con ecotasse ed ecobalzelli, e gravando le aziende con nuovi oneri insostenibili che costituirebbero un unicum mondiale. Qui siamo all’harakiri.
La piazza economica svizzera, adesso più che mai, deve essere attrattiva. L’iniziativa va nella direzione opposta. E porterebbe con sé anche pesanti aggravi amministrativi. Il foro per le presunte violazioni sarebbe in Svizzera. Gli effetti per i nostri tribunali sarebbero deleteri. Rischierebbero di trovarsi intasati di denunce e di cause, magari farlocche, che andrebbero poi evase. L’accresciuta mole di lavoro renderebbe necessari dei potenziamenti. A pagarli, ovviamente, sarebbe il contribuente elvetico. Il denunciante estero privo di mezzi avrebbe inoltre diritto all’assistenza giudiziaria gratuita. Dove gratuita significa, è ovvio, pagata dal contribuente elvetico. Le denunce potrebbero facilmente venire usate come mezzi di ricatto. Senza contare le difficoltà che incontrerebbero i magistrati elvetici nello svolgere inchieste e raccogliere materiale probatorio in altre nazioni ed in lingue sconosciute.
Approvare l’iniziativa non farebbe un favore nemmeno ai paesi in via di sviluppo che i promotori pretendono di tutelare. Al contrario. Le aziende svizzere, infatti, semplicemente se ne andrebbero da quelle località. Al loro posto rimarrebbe il nulla, ciò che creerebbe ulteriore povertà. Oppure arriverebbero aziende russe o cinesi, assai meno scrupolose in materia di diritti umani e di protezione dell’ambiente.
L’iniziativa “Per imprese responsabili” è dunque un autogol per tutti: per la piazza economica svizzera, per i nostri posti di lavoro, per i paesi del Terzo mondo, per i loro posti di lavoro, e anche per i tribunali elvetici. Ecco perché non bisogna lasciarsi ingannare dal populismo di sinistra, né dai diritti umani e dalla protezione dell’ambiente di nuovo utilizzati come strumenti di ricatto morale.
All’iniziativa, le Camere federali contrappongono un controprogetto, che va nella stessa direzione. Una proposta meno scenografica, ma più realista e compatibile con quanto fanno altri paesi occidentali. Essa consentirebbe di avanzare sulla via indicata dagli iniziativisti senza pericolose derive masochiste (o tafazziane) che pagheremmo a carissimo prezzo. Derive che, in tempo di crisi economica, non ci possiamo in nessun modo permettere. Se si vuole percorrere la via responsabile, il 29 novembre bisogna però respingere l’irresponsabile iniziativa “Per imprese (e non: multinazionali) responsabili”.
Lorenzo Quadri, consigliere nazionale, Lega dei Ticinesi