In questi giorni Pyongyang è la vetrina della politica in Estremo Oriente. La politica nord-coreana è di difficile lettura perché è un esercizio altamente speculativo. Qualcuno ha scritto che “alterna periodi di ascese improvvise e veloci cadute in disgrazia, seguiti da subitanee risalite”.

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Kim Jong-un, il “maresciallo”, sebbene non risultino né studi militari né una carriere nell’esercito, è riapparso in piena forma all’evento abbastanza straordinario, ovvero il congresso del Partito del Lavoro, avvenuto solo 6 volte dalla fondazione della Repubblica Popolare nel ’48.

Sul grande schermo la sua immagine in uniforme: giubba bianca con spalline, alamari dorati al colletto, greche sui polsi. Sulla scrivania davanti a Kim in bella mostra un fucile ed un binocolo.

Ha appena terminato un discorso al congresso del Partito (modello Partito-Stato che conosciamo). Evento raro perché non si teneva dal 2016, allorché la carica di Segretario che gli è stata conferita ora, era stata abolita.

Kim ha parlato per ore. Ha riconosciuto che il piano quinquennale di sviluppo economico ha dato pessimi risultati in quasi tutti i settori, ma ha chiosato il leader nordcoreano che le “lezioni amare sono preziose come i successi…” che altro dire?

Le migliaia di dirigenti del Partito in sala erano senza mascherine a dimostrare che il lockdown ai confini cinesi ha certamente danneggiato il business, ma salvato tante vite dal contagio della pandemia. Il chiacchiericcio si completa con la scomparsa dai quadri alti della sorella Kim Yo-jong, 33 anni, dal suo ruolo di membro a rotazione del Politburo, il massimo organo decisionale del Partito. Yo-jong era data come il potenziale numero due del regime. Tanto per cambiare, le intelligence sul Nord Corea hanno fallito ancora.

Ma veniamo alle cose più importanti, al concreto. Kim ha promesso di “potenziare la difesa per contenere e sottomettere gli Stati Uniti che sono l’arcinemico ed il grande ostacolo che blocca il nostro sviluppo. Se Washington ritirasse la sua politica ostile si potrebbero stabilire nuove relazioni”.

Negli annunci la consueta razione di “cannoni” anche se l’obiettivo nucleare è stato raggiunto, quello economico (il burro) è clamorosamente fallito.

Il riferimento agli armamenti è sicuramente un messaggio per Biden, ricordando che gli scambi di apprezzamenti reciproci, durante le elezioni Usa, non è stato liliale.

Biden, anche per criticare Trump durante la campagna elettorale ha definito il “maresciallo” thug (mascalzone), tiranno e dittatore. Pronta e cinica la risposta di Pyongyang: “un pazzo con basso quoziente intellettuale e cane con la rabbia…”

Questi i retroscena fino ad ora, ma si sa che dopo le campagne elettorali “vinte” le cose possono cambiare. È possibile speculare, come?

Biden sosterrebbe che senza un’offerta di precondizioni convincenti, non avrà incontri con Kim. E si sa quali siano le precondizioni volute da Washington: il disarmo nucleare nella penisola coreana. Condizione alla quale Kim non può sottostare. Le atomiche ed i missili intercontinentali che le trasportano sono saldamente nelle sue mani. Un risultato ottenuto da padre e nonno oltre all’insipienza americana. A Biden non rimane, forse, che fare pressioni sulla Cina per tenere sotto controllo Pyongyang e gli esperimenti nucleari inclusi i lanci di missili che con ogni probabilità riprenderanno.

Essendo la Corea del Nord un paese che ho seguito da sempre e che ho avuto il piacere di visitare come ospite per settimane, seguo sempre con attenzione quel poco che sporadicamente i media presentano sul paese. Ho visto di recente un documentario francese, ben documentato e ben fatto. Dalla mia visita vedo cose molte cambiate: costruzioni, resort, gente allegra che sorride.

Rimane un paese anomalo ed unico, veramente isolato dal resto del mondo e che soffre della sindrome di isolamento. Non c’è inquinamento, paese bio, numero uno al mondo.

Ma nel suo isolamento ha un ritmo tutto suo.. per noi stranieri è impensabile, frustrante, stancante, “ma pieno di vita”. Dicono: palli, palli… bisogna correre veloce…Ed è quello che il Principe Rosso ha predicato.

Vittorio Volpi