Noi l’abbiamo visto ma non l’abbiamo pubblicato. Molti l’hanno fatto, grandi reti pubbliche e private, tv minori, portali. Giusto o sbagliato? Si può discuterne all’infinito. La Procuratrice di Verbania esprime qui il suo parere, che è legale e morale al tempo stesso.

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Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verbania

In riferimento al servizio mandato in onda dal TG3 della RAI in data odierna (16.6), nel quale sono state trasmesse le immagini estrapolate dall’impianto di videosorveglianza della funivia Stresa-Alpino-Monarone, immediatamente riprese e descritte da numerosi altri organi di informazione, preciso che tali immagini, contenute in file video, risultavano depositate. unitamente a tutti gli atti di indagine, all’atto della richiesta di convalida del fermo e di applicazione di misura cautelare, con diritto degli indagati e dei rispettivi difensori di prenderne visione ed estrarne copia, diritti ampiamente esercitati.

Si tratta, tuttavia, di immagini di cui, ai sensi dell’art. 114 comma 2 c.p.p., è comunque vietata la pubblicazione, anche parziale, trattandosi di atti che, benché non più coperti dal segreto in quanto noti agli indagati, sono relativi a procedimento in fase di indagini preliminari.

Ma. ancor più del dato normativo, mi preme sottolineare la assoluta inopportunità della pubblicazione di tali riprese che ritraggono gli ultimi drammatici istanti di vita dei passeggeri della funivia precipitata il 23 maggio scorso sul Mottarone, per il doveroso rispetto che tutti, parti processuali, inquirenti e organi di informazione, siamo tenuti a portare alle vittime. al dolore delle loro famiglie, al cordoglio di una intera. comunità.

Portare a conoscenza degli indagati e dei loro difensori gli atti del procedimento a loro carico nelle fasi processuali in cui ciò è previsto, non significa. per ciò Stesso, autorizzare ed avallare l’indiscriminata divulgazione del loro contenuto agli organi di Informazione, soprattutto, come in questo caso, in cui si tratti di immagini dal fortissimo impatto emotivo, oltretutto mai portate a conoscenza neppure dei familiari delle vittime, la cui sofferenza, come è di intuitiva comprensione, non può e non deve essere ulteriormente acuita da iniziative come questa.

Olimpia Bossi, Procuratore della Repubblica