Il 45esimo ed ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, farà causa a Facebook, Twitter e a Google (o, meglio, alla Alphabet, la holding di questo ultimo).

Il blocco era stato attuato dai giganti della tecnologia perché il Tycoon denunciava “brogli elettorali” e non si dissociava dai suoi sostenitori che avevano preso il Congresso, perché non volevano che 75 milioni di americani che avevano votato Trump rimanessero inascoltati con l’ufficializzazione dell’elezione di Biden.

Da allora, Trump aveva visto i propri profili chiusi e la libertà di parola su social gli era stata tolta. «Proveremo la loro responsabilità», ha detto Trump durante la conferenza stampa al suo Trump National Golf Club Bedminster nel New Jersey. «Se possono farlo a me, possono farlo a chiunque».

Twitter aveva bandito Trump permanentemente dopo la presa di Capitol Hill, mentre Facebook ha comunicato a giugno che intende lasciare sospeso Trump “per almeno due anni, con la possibilità di essere reintegrato nel 2023 se il rischio per la sicurezza pubblica sarà diminuito”.

Anche YouTube, il gigantesco servizio video di Google, aveva sospeso l’account di Trump dopo il 6 gennaio: i video dell’ex presidente sono ancora accessibili, ma Trump è impossibilitato a pubblicarne di nuovi. Susan Wojcicki, l’amministratore delegato di YouTube, ha detto che la società invertirà la sua politica quando sarà provato che il “rischio di violenza è diminuito”.

Essendo infatti stato letteralmente bannato dai giganti dei social media, Trump ha tenuto una conferenza stampa mercoledì scorso, incentrata sulla difesa dei diritti del Primo Emendamento, nella quale ha illustrato le tre azioni legali separate, che egli ha presentato presso la corte federale in Florida, contro Mark Zuckerberg per Facebook, Jack Dorsey per Twitter e Sundar Pichai per Google.

I legali del Tycoon chiederanno che il Tribunale ripristini gli account sui social media dell’ex presidente, conferendo anche alla parte lesa un risarcimento danni, con la garanzia che altri utenti non possano essere banditi o segnalati dai giganti tech.

Alla guida del team legale di Trump c’è John P. Coale, un popolare e talentuoso avvocato coinvolto in cause contro le grandi compagnie del tabacco.