La sensazione, è che l’onnipotente presidente della Turchia non sia più invulnerabile.

A fine luglio, dopo sei mesi di protesta da parte di studenti e accademici che hanno manifestato per le strade di Istanbul, Erdoğan aveva dovuto fare un passo indietro licenziando il rettore, Melih Bulu, della prestigiosa ma rigorosamente laica Università Bogazici di Istanbul, che aveva imposto politicamente a gennaio. La sua nomina è stata recepita come un affronto dal Senato universitario che ha una lunga tradizione nello scegliere uno dei propri docenti per la carica del rappresentante legale e sovrintendente dell’università.

Dal fallito tentativo del colpo di stato in Turchia, Erdoğan si è mosso sostituendo il sistema parlamentare turco con una presidenza in “stile russo”, riempendo le istituzioni come la magistratura, le accademie e i media, di funzionari locali, usando poteri di emergenza per licenziare più di 100 mila persone a suo piacimento negli ultimi 5 anni.

Adesso, dopo dieci giorni di incendi boschivi, il presidente Erdoğan è sotto pressione per le crescenti critiche alla risposta del suo governo considerata scarsa e con preparazione inadeguata a quelli che vengono definiti i peggiori incendi su vasta scala mai registrati nella storia della nazione turca.

Otto persone sono morte e migliaia di residenti e turisti sono stati costretti a fuggire, quando i vigili del fuoco stanno ancora affrontando diversi incendi in sei province. Oltre 150 gli incendi domati scoppiati in 30 province, alcune famose destinazioni turistiche, ma con molti abitanti che hanno perso la propria casa. Proprio quest’ultimi hanno rivolto la loro rabbia contro il governo, il quale ha ammesso di non avere una flotta utilizzabile di aerei antincendio. La gente ha cercato di proteggere le proprie case riempendo secchi e usando estintori.

“I nostri elicotteri antincendio erano insufficienti, e si ci fosse stata una squadra di vigili del fuoco nel nostro quartiere, questo non sarebbe successo”, ha detto Mahmut Sanli, un residente di 58 anni del villaggio di Bozalan, nella provincia di Mugla, dove case e ulivi sono andati inceneriti. Un altro 30enne, Nevzat Yildirim, ha detto di aver chiamato le autorità di Mugla chiedendo aiuto ma senza ricevere alcuna risposta. Le fiamme hanno raggiunto la centrale elettrica a carbone nella provincia di Mugla, spingendo i militari ad evacuare le case durante le esplosioni nella struttura. Secondo il ministro della Difesa, le navi militari sono state costrette a raggiungere la distanza di 20 km dalla costa per mettere in salvo i residenti. 

Il governo è accusato di aver speso soldi per progetti di costruzioni edili dannosi per l’ambiente. Inoltre Erdoğan è accusato di aver compromesso gli sforzi per spegnere gli incendi avendo rifiutato l’aiuto delle nazioni occidentali durante le prime fasi del disastro. Anche l’ambasciata di Israele ha fatto sapere che il suo Paese si era offerto di aiutare, ma che i funzionari turchi hanno rifiutato affermando che “la situazione è sotto controllo”.

Oggi la Turchia ha accettato l’arrivo di aerei specializzati da altri paesi, tra cui la spagna, Ucraina e Russia. Ma Ankara ha rifiutato l’offerta di assistenza dalla Grecia.

I critici hanno deriso il presidente turco per aver regalato alle vittime bevande fresche al tè, affermando seriamente che la Turchia è mal preparata per i disastri climatici e non ha firmato (unico paese del G20) l’accordo di Parigi.

L’emergenza incendi si aggiunge al malcontento degli elettori del partito di Erdoğan (AKP), il cui sostegno è sceso ai minimi storici, secondo un recente sondaggio, per la gestione di un’economia afflitta da un’alta disoccupazione e inflazione.

La maggioranza dei turchi crede che il governo stia fallendo nella sua funzione di fornire un migliore standard di vita, e che nel prossimo futuro le cose peggioreranno.