di Paolo Camillo Minotti

Alcune divagazioni prendendo spunto dalla scomparsa del Sindaco di Lugano
Borradori, Buffi, Pietro III di Russia (assassinato), Federico il Grande, Caterina II

La scomparsa di Marco Borradori, a soli 62 anni e per morte improvvisa, ha scioccato molti ticinesi. Questa morte repentina e prematura non può che addolorare (e essere un monito sulla fragilità delle nostre vite), e in questo senso anche noi ci uniamo al coro di tanti ticinesi che hanno esternato il loro cordoglio ai familiari.

Cerchiamo di rimmemorarci chi era (o perlomeno: come lo percepimmo noi) il Marco Borradori di 30 anni fa, giovane candidato al Consiglio nazionale per la Lega dei ticinesi, sorprendentemente eletto assieme a Flavio Maspoli e al dr. Morniroli al Consiglio degli Stati. E poi il Borradori che, di lì a 3 anni, fu eletto brillantemente nel Governo cantonale. Fu una sorpresa, indubbiamente, perché egli non aveva militato in nessun partito facendo quella che si chiamava “la gavetta” (non era stato neanche consigliere comunale a Lugano). Ma forse fu questa la chiave del suo successo: l’essere cioè quello che i tedeschi chiamano con due aggettivi che si traducono male in italiano: “unverbraucht” e “unbelastet”.

Scavando un pochettino di più ci si avvedeva però che egli non era uno sconosciuto, soprattutto a Lugano: era il tipico rampollo di quella Lugano del “boom” economico del secondo dopoguerra, delle attività finanziarie e dall’inossidabile ottimismo; una specie di Milano in sedicesimo, cioè una città tutta dedita agli affari. E Borradori, che logicamente per la sua estrazione avrebbe dovuto indirizzarsi verso il partito liberale, forse perché “impeditovi” dall’origine familiare (il nonno era stato socialista) si trovò ad essere totalmente indipendente e non schierato. E ciò gli permise, al momento della creazione della Lega, di saltare su questo nuovo carro – che poi si rivelò vincente – con entusiasmo e senza nessuna remora, come lo può fare solo uno che è un “ungeschriebenes Blatt”.

La Lega di Bignasca di quei tempi e Borradori in modo speciale, avevano la pretesa di non essere assoggettati a nessuna ideologia e di essere liberi di interpretare essi stessi di volta in volta quelle che erano le aspettative e i convincimenti della gente. In effetti Borradori, in modo particolare, fu l’interprete di quell’opinione moderata trasversale ai partiti che rifugge dagli sterili partitismi e dai settarismi ideologici e auspica soluzioni pragmatiche e ragionevoli. La cosa sorprendente è che in particolare la sua prima elezione in CdS fu il frutto di un passaparola efficace, in cui giocarono un grande ruolo le vaste relazioni delle famiglie Bignasca e Borradori e il sostegno di influenti supporters anche di altri partiti, ma di cui quasi nulla trapelò sui giornali. Non sta a me giudicare se quegli auspicii siano stati soddisfatti oppure se siano stati delusi; il nostro Cantone in 30 anni è molto cambiato, la crisi finanziaria del 2008 e tutto il suo contorno ha lasciato il segno, e il clima politico si è nel corso di una generazione assai incattivito….

Vorremmo qui fare un parallelo con la morte di Giuseppe Buffi, avvenuta 21 anni fa. Anche quest’ultima fu improvvisa; egli fu colpito mentre si trovava in vacanza al mare. E anche Buffi, al pari di Borradori oggi, aveva da poco superato i 60 anni. Ed entrambi avevano una cordialità e una disponibilità al contatto umano molto pronunciate. A differenza di Borradori, Buffi aveva però una lunga “gavetta” politica alle spalle quando entrò in Consiglio di Stato: era stato redattore e poi direttore del giornale del partito “Il Dovere”, municipale di Bellinzona, granconsigliere e capogruppo; la sua entrata in Governo fu l’epilogo di un lungo impegno e anche di grandi lotte; e altre lotte le ebbe anche in seguito, non da ultimo nel suo partito. Per contro Borradori, almeno nella prima parte della sua carriera politica (fino al ritiro dal Governo per tentare la scalata al Municipio di Lugano) ebbe piuttosto la strada sgombra da ostacoli e, diciamo così, la “vittoria facile”. La gestione della Città di Lugano sembra invece averlo logorato.

Pietro III imperatore, assassinato il 17 luglio 1762 – Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo

Se mi è concesso fare una divagazione storica, occorre dire che la morte improvvisa di un governante di successo o in carica può avere talvolta delle ripercussioni politiche notevoli, cioè può danneggiare fortemente la parte per cui lo scomparso stava e favorire inaspettatamente la parte a lui avversa. E ciò sia perché non sempre i successori designati sono all’altezza dello scomparso, sia perché essi non sempre fanno la sua stessa politica. Quest’ultima cosa si avverò in un certo modo per Buffi: anche se del suo stesso partito, Gendotti non era mosso dallo stesso spirito del suo predecessore e perciò vi fu un non trascurabile mutamento negli equilibri interni del Consiglio di Stato (e del PLR) su alcune tematiche: per esempio nel come fu gestito l’iter parlamentare e la campagna di votazione sull’iniziativa per le scuole private, oppure nella gestione della politica di sgravi fiscali.  Non so se ciò sarà il caso anche con la scomparsa di Borradori a Lugano, ma pensiamo di no.

Vorremmo citare un caso storico famoso e che causò uno sconcertante “rovesciamento di alleanze” in Europa. Nel 1762, a seguito della morte della zarina di Russia Elisabetta (figlia di Pietro il Grande), salì al trono improvvisamente Pietro III (che non era suo figlio ma che era stato designato dalla zarina – che non aveva figli – come suo successore). Pietro III era noto per la sua ammirazione per la Prussia di Federico II. In quel momento la Russia si trovava in guerra contro la Prussia, che a sua volta era impegnata nella “guerra dei 7 anni” contro l’Austria e la Francia. La Prussia era quindi messa male perché aveva contro di sé tutte le maggiori potenze europee ed aveva il sostegno (finanziario) della sola Inghilterra.

L’esercito prussiano, completamente accerchiato, era sul punto di essere spazzato via da forze soverchianti, quando arrivò inaspettatamente sul campo di battaglia la notizia dell’avvicendamento sul trono di Russia…..e del cambiamento di campo di quest’ultima. L’esercito russo ricevette l’ordine di interrompere immediatamente l’accerchiamento dei prussiani e di rivolgersi contro gli Austriaci e i Francesi! Naturalmente ciò influenzò l’esito del conflitto: l’Austria fu costretta a chiedere negoziati di pace e a cedere alla Prussia una parte della Slesia; e la Francia, messa a mal partito e costretta a difendersi in Europa, dovette cedere all’Inghilterra alcune sue colonie americane (in specie il Québec).

E così l’alleanza tra Francia e Austria che fino a quel momento era considerata invincibile sul continente, subì una sostanziale sconfitta. Le cronache narrano che il regno di Pietro III non fu però lungo: pochi mesi dopo la sua salita al trono, fu assassinato da una congiura in cui era implicata sua moglie, Caterina II, che difatti gli succedette e che regnò per più di 30 anni e passò alla storia come Caterina “la Grande”.