
Lo scorso otto ottobre, è stato consegnato il Nobel per la pace a due giornalisti anti-autoritarismo: Dmitrij Muratov e Maria Ressa. Il primo è il caporedattore del giornale russo d’inchiesta Novaja Gazeta, quello per cui lavorava la giornalista Anna Politkovskaja uccisa nel 2006. La seconda è una cittadina filippina che vive negli USA che ha fondato il sito di informazione Rappler. Il portale si occupa in particolare di inchieste sull’operato del governo filippino e più in particolare sulla sanguinosa “guerra della droga”. Il premio è stato assegnato “per i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è precondizione per la democrazia e per una pace duratura”, il comitato ha poi aggiunto che i due sono “rappresentanti di tutti i giornalisti che difendono questo ideale in un mondo in cui la democrazia e la libertà di stampa affrontano situazioni sempre più avverse”.
Muratov ha dedicato il premio al giornale di dirige e soprattutto ai giornalisti che vi lavoravano che sono stati uccisi per via del loro lavoro investigativo: “Vi dirò questo: non è merito mio. E’ Novaja Gazeta. Sono quelli che sono morti difendendo il diritto delle persone alla libertà di parola. Siccome loro non sono con noi, probabilmente hanno deciso che sia io a dirlo a tutti”. Secondo il comitato, il giornale di Muratov è “l’unico giornale veramente critico con influenza nazionale in Russia oggi”.
A qualcuno tuttavia il premio a Muratov ha fatto storcere il naso. Soprattutto chi sostava che doveva essere l’oppositore Alexej Navalny a ricevere il prestigioso premio: “Invece di chiacchiere pompose e ipocrite sulla libertà, avrebbero potuto proteggere una persona che è sopravvissuta all’assassinio e che era stata presa in ostaggio dagli assassini”, questo uno dei commenti sui Twitter.
Maria Ressa invece è stata definita una “paladina senza paura della libertà di espressione”. Esercitò la sua attività di giornalista per ben 35 anni in Asia, dove subì continue vessazioni e arresti da parte del governo. Ora è naturalizzata statunitense e dagli USA continua la sua lotta alla disinformazione e il suo lavoro di inchiesta nel giornale Rappler.