Una notizia che stupisce. Il governo olandese accusa Pechino di mantenere basi di polizia in Olanda ed in Europa e nasce la diatriba: sono poliziotti o mediatori culturali?

Stando al Financial Times odierno, circolerebbero a rotazione una cinquantina di poliziotti che, secondo Pechino, sarebbero mediatori culturali per aiutare i cinesi nei nostri paesi europei a vivere meglio, offrendo supporto nel disbrigo delle pratiche amministrative. Particolarmente utile durante il periodo Covid 19, piccole cose per chi è nuovo nel paese ed ha difficoltà burocratiche. 

Il Ministro degli Esteri olandese ha dichiarato che “stiamo investigando e quando ne sapremo di più valuteremo e prenderemo le necessarie decisioni”.

Vediamo i fatti noti. 
Il Corriere della Sera sostiene che “ci siano vari dubbi sulla presenza nelle città europee di una rete di stazioni di polizia collegate alle province di Fujian e Zhejiang” (due grandi bacini di emigrazione cinesi) segnalate prima dalle cronache dei giornali ed ora messe sotto inchiesta in Olanda. Questi commissariati informali sono stati individuati in 26 città europee per un totale di 36 basi, incluse Svizzera ed Italia.

Secondo una mia fonte, il problema venne rilevato anche a Berna un paio di anni fa con il risultato di un accordo. Di fatto, il cosiddetto “commissariato” è tuttora valido.

Per l’Italia c’è il fatto visibile di Prato in Via degli Orti del Pero 2. Da qualche mese è stato aperto il Fuzhou Police Overseas Service Station presentato alla grossa comunità di residenti cinesi come un punto di riferimento per ricevere assistenza su pratiche amministrative. In particolare per il rinnovo della patente cinese riconosciuta in Italia, ma il CdS si domanda “perché chiamarla stazione di polizia di Fuzhou per i servizi oltremare?” Prato non avrebbe dato seguito, secondo il CdS, mentre si sono attivate sia Safeguard Defenders che il governo olandese. Le incongruenze, per non dire illegalità, sono palesi. I cinesi residenti in un paese dovrebbero interagire con la polizia del paese inoltre l’apertura di un ufficio di polizia cinese dovrebbe essere autorizzata a livello governativo.

Qualcuno mi ha ricordato che in Piazza del Duomo a Milano un paio di anni fa vennero fotografati poliziotti cinesi addirittura in divisa, ma la parte più delicata della storia viene in seguito.

Questi uffici, di fatto clandestini, hanno scopi più importanti di quelli amministrativi. Secondo Safeguard Defenders partecipano attivamente alla grande campagna per riportare in Cina i sospettati di corruzione fuggiti all’estero (ovviamente includono i dissidenti, quelli che con il comunismo non vogliono vivere). L’operazione per Pechino si chiamerebbe “caccia alla volpe” e sostiene di aver persuaso ben 230mila ricercati a rientrare e consegnarsi alla giustizia in Cina fra il 2021 ed il 2022. È intuibile che i mezzi di persuasione dei regimi siano subdoli e cattivi. Si va dalla minaccia fisica a quella di gravi ritorsioni sui famigliari rimasti in patria. Basta rileggere “Ho scelto la libertà” di Victor Kravchenko per rinfrescarsi la memoria.

Questi corpi di polizia, si parla di 50 unità, illegali nei nostri paesi fanno anche parte del progetto 110 Overseas, controllano gli emigrati che manifestano espressioni di dissenso nei confronti del governo di Pechino.

L’inchiesta del governo olandese si aggiunge in questi giorni alle tensioni in Germania ed alle discordie di livello politico per il tentativo del colosso cinese Cosco in merito all’acquisto di un pacchetto rilevante di azioni di un terminal del porto di Amburgo. Un punto chiave per le strategie cinesi.

Facile proporre un nuovo ordine mondiale che Pechino richiede. Bisognerebbe però prima rispettare l’ordine degli altri..

V.Volpi