In quello che ancora oggi è ricordato come “il discorso del due per cento”, nel dicembre 1930 a New York Albert Einstein disse che i pacifisti “non sono pecore addossate le une alle altre, mentre i lupi aspettano fuori”.

Nel giugno 2005, il Corriere della Sera aveva dedicato un interessante articolo a “Einstein, il pacifista che non capiva la politica” prendendo spunto da “Il lato umano”, un’opera sul grande scienziato curata da Helen Dukas e Banesh Haffmann.


“Per lui la bestia nera è stata da subito il servizio militare obbligatorio – si legge nell’articolo del Corriere della Sera – che considerava “il sintomo più vergognoso della mancanza di dignità personale, di cui soffre la nostra umanità civilizzata … L’eroismo comandato, gli stupidi corpo a corpo, il nefasto spirito nazionalistico, come odio tutto questo.”

A New York, nel dicembre del 1930, era intervenuto a un convegno a favore dell’obiezione di coscienza, pronunciando “il discorso del due per cento”.
“I pacifisti – aveva detto – non sono pecore ammassate, mentre i lupi fuori le aspettano … Se anche solo il due per cento di quelli che devono compiere il servizio militare annunciasse il rifiuto di combattere e nel contempo premesse perché si trovassero mezzi diversi dalla guerra per sistemare le controversie internazionali, allora i governi sarebbero impotenti e non oserebbero mandare in galera un numero così grande di giovani.”

Poi Hitler andrà al potere e impone anche a Einstein di riconoscere che occorre reagire. Rimane un pacifista, ma non un pacifista assoluto : “Dentro di me provo lo stesso disgusto di sempre per la violenza e il militarismo, ma non posso chiudere gli occhi di fronte alla realtà.”
… Finito il conflitto, Einstein torna a reclamare una politica per la pace, non più solo in termini di antimilitarismo ma come appassionata ricerca di un governo mondiale.

Lo dice già nel settembre del 1945 : “L’unica salvezza per la nostra civiltà e per la razza umana sta nel creare un unico governo mondiale, che fondi sul diritto la salvezza di tutte le nazioni.”
Lo ripeterà fino al giorno della morte, avvenuta il 18 aprile 1955.

Nell’ultima intervista sul New York Times, a chi gli chiedeva come mai si era riusciti a scoprire l’atomo ma non ancora i mezzi per controllarlo, Einstein aveva risposto, ironico : “È semplice, amico mio, perché la politica è più difficile della fisica.”