Carola Barchi, candidata al GC lista 1 numero 16

Ieri, mercoledì 29 marzo, il CdT ha pubblicato un’opinione di Giorgio Giudici sulle sfide che secondo lui, Lugano, ma soprattutto il Ticino, dovranno affrontare nei prossimi anni. L’ex sindaco di Lugano vede la pianificazione come “distribuzione delle funzioni (e, aggiungo io, delle competenze) nel territorio” e di conseguenza vede nel Dipartimento del Territorio la “sede” principale per attuare questa distribuzione.

Da sempre, per lavoro e passione personale, la pianificazione del territorio è argomento a me molto caro. In questo ambito, troppo spesso, è stato dimenticato il lavoro cruciale e strategico del Piano Direttore cantonale dei primi anni ’90, quando l’allora consigliere di Stato Ppd Renzo Respini affidò a quattro esperti – Benedetto Antonini, Remigio RattiPierino Borella e Aurelio Galfetti (che nella mia professione è stato il mio mentore) – il compito di lavorare ad una “visione” del Ticino a medio-lungo termine. Da queste quattro menti venne elaborato il progetto di Stazione Ticino di Alptransit a Camorino e si ripensò il nostro Cantone sul suo cuore, che per qualsiasi pianificatore è il Piano di Magadino, punto di incontro fra bellinzonese e locarnese e sovrastato da quel Monte Ceneri fulcro tanto dell’identità del nostro Cantone, quanto elemento generativo di tutti i campanilismi della Svizzera Italiana.

Oggi della Stazione Ticino di Alptransit nessuno ne parla più, anche perché il progetto di ferrovia 2000 e Alptransit sono stati ripensati concettualmente alla radice, privilegiando l’idea di un “supermetrò cantonale” all’idea originale di linea di connessione nord-sud, dall’area mediterranea (con Genova) alla Mitteleuropa germanica (non è un caso, che, al di là delle belle parole scritte con regolarità nei documenti del Datec, di proseguimento a Sud di Lugano di Alptransit, tranne che a Remigio RattiGiovanna Masoni e Pietro Martinelli, non interessa realmente a nessuno della classe politica ed intellettuale del nostro Cantone!).

Negli ultimi anni, non solo il proseguimento di Alptransit si è arenato. Anche il processo di aggregazioni comunali ha subito un importante rallentamento. Va riconosciuto a Giudici, che è stato uno dei primi, se non il primo, a capire che le aggregazioni non dovessero essere viste solo come processo per unire comuni fragili e deboli delle valli e delle cinture urbane, ma che potessero diventare uno strumento strategico per ridisegnare i poli del nostro Cantone, creando, da delle cittadelle ticinesi, degli agglomerati urbani trasformati in città, con una dimensione d’importanza nazionale. La nuova Lugano, la nuova Bellinzona, la nuova Mendrisio, sono diventati ciò. Ma Locarno, Chiasso e Biasca non sono riuscite, attraverso il processo aggregativo, a diventare poli forti. E di questo tutto il Cantone ne soffre, non avendo in alcuni territori dei fulcri di visioni e di sviluppo, ma realtà frammentate.

Il Ticino può concentrare il proprio futuro su 4 pilastri di sviluppofinanza, che nel bene e nel male è stato il settore che ha trasformato un cantone agricolo in un cantone a vocazione terziaria, se non quaternaria; medicina e scienze della vita, che hanno un potenziale inespresso di sviluppo notevole per il nostro Cantone; logistica e supply chain, che vuol dire integrare trasporti con informatica, andando verso una mobilità delle merci e delle persone sempre più automatizzata, dove in un futuro prossimo i treni non avranno più macchinisti, ma saranno tele-diretti da centri informatici localizzati in pochi punti della Svizzera; e per finire comunicazione e scienze audiovisive, perché siamo agli albori di una rivoluzione che impiegherà le scienze audiovisive non solo nell’intrattenimento, ma anche nella formazione e nella ricerca, dove metaverso e realtà virtuale avranno bisogno di elevate competenze audiovisive ed informatiche per produrre contenuti per ricercatori e formatori (la nostra formazione continua, ma anche il lavoro di architetti, ingegneri e pianificatori, sta per subire una rivoluzione radicale, fatta di metaverso e realtà virtuale).

Certo che bisogna fare, come scrive Giudici, una distribuzione delle funzioni sul territorio. E a dire il vero la storia e le vocazioni dei nostri territori ci indicano la strada da percorrere. Non bisogna sconvolgere “tradizioni” ed esperienze consolidate per dire che la finanza spetta a Lugano e il polo audiovisivo, proiettato oltre il semplice intrattenimento, a Locarno. La logistica storicamente sta sull’asse che da Chiasso si infila nella galleria di Pollegio. E le scienze della vita stanno fra Bellinzona e Lugano, con IRBIOR Neurocentro, che sono delle eccellenze di importanza nazionale ed internazionale.

Il ragionamento sul territorio e sulla pianificazione però non può fare astrazione da importanti sfide che ci attendono, quali la salvaguardia dell’ambiente, i cambiamenti climatici e la qualità dell’aria del nostro territorio. Siamo solo a fine marzo e nel Mendrisiotto ci sono già seri problemi di siccità, tanto che la Città del sindaco Cavadini ha dovuto già prendere alcuni provvedimenti per limitare lo spreco d’acqua. Siccità, quanto alluvioni, compromettono la qualità di vita del nostro territorio e, diciamolo, a lungo termine potrebbero compromettere anche l’attrattività del nostro Cantone per importanti contribuenti (che se non possono più riempire la loro piscina privata, magari preferiranno altre località per stabilire il proprio domicilio fiscale).

Dobbiamo saper coniugare due termini apparentemente molto distanti fra loro come ambiente e giustizia (intesa sì, come lotta alla criminalità, ma anche giustizia sociale e giustizia come distribuzione delle opportunità di sviluppo per le diverse regioni che compongono il Ticino).

Giudici lo sa meglio di me: per fare ciò c’è bisogno di una classe politica che, nelle sue legittime differenze e modalità di profilarsi, trovi dei temi comuni per fare fronte unito sia a Bellinzona quanto a Berna (inutile pensare di fare importanti ed onerose infrastrutture senza un fattivo contributo della Confederazione) e un’amministrazione pubblica valida e competente. Mi permetto di aggiungere, pure, dei partiti che devono tornare ad essere anche dei luoghi di elaborazione di analisi, visioni e strategie e non solo di propaganda elettorale fondata su simpatia e slogan.

Giudici sicuramente non è mai stato un politico che ha basato la sua lunga carriera sulla simpatia, bensì sulle visioni e sulle strategie attuative. Personalmente, con tutte le differenze politiche che mi contraddistinguono da Giorgio Giudici, da radicale ho un po’ il timore che oggi in politica ci siano troppi pochi Giudici.