Di questo avviso sono i Governi di Germania e Francia che all’inizio dell’anno hanno incaricato 12 loro esperti di analizzare le inefficienze della struttura europea e proporre possibili rimedi.
Che l’UE sia inefficiente non penso sia da dimostrare. Comunque per non venir accusati di partito preso elencodue esempi macroscopici.
Il primo richiamando le mete prefissate dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000. Gli eurocrati assistiti dai loro Paesi e sotto la presidenza di Barroso decretano che l’UE deve diventare in 10 anni la zona economica più efficiente per la concorrenzialità, essere all’avanguardia nella scienza, contando su un incremento annuale dell’economia del 3% in un quadro di piena occupazione. Il desolante risultato dopo vent’anni, sotto gli occhi di tutti, è fallimentare sia per la pretesa di dominare il settore della scienza, dove siamo a traino, con una concorrenza sempre più ostacolata dai voleri della burocrazia europea, dimentichiamo poi lo sviluppo economico e la piena occupazione. Credo fosse di Mina la canzone: “Parole, parole, parole….”. L’inefficienza, con i contrasti, la mancanza di una politica unitaria e condivisa e che dia soprattutto risultati in materia di immigrazione, alla base del caos odierno, riempie le pagine dell’attualità. Qualcosa di inaspettato, talmente inatteso da non potersi preparare? Sicuramente no, ho partecipato ad un convegno su questo tema tenutosi a Venezia nel 1992, trent’anni fa!
Quando non sanno risolvere i problemi, governi e burocrazia finché possibile li ignorano (magari con una patina di spocchiosa sufficienza), poi cercano di procrastinarli, rinviandoli alle generazioni future. Germania e Francia riconoscono apertamente che l’UE è inefficiente e va ristrutturata ma la circostanza non deve illudere. L’inefficienza alla quale vogliono porre rimedio non è quella sotto gli occhi di tutti, ma quella che non permette loro di comandare senza ostacoli.
Chi si fosse illuso che alla base delle preoccupazioni vi fossero riflessioni a proposito di un’istituzione profondamente divisa su problemi centrali, che ha mortificato la concorrenza tra i sistemi, ignora la sussidiarietà, privilegia la burocrazia centralizzata rispetto ad aspetti di legittima sovranità, ha preso una cantonata.
La ristrutturazione alla quale Germania e Francia aspirano è sostanzialmente volta a creare le premesse perché esse possano comandare meglio e imporre più facilmente le loro volontà.
Le due nazioni sul piano mondiale hanno perso peso e autorevolezza. Già De Gaulle aveva capito che per avere una certa influenza internazionalmente si deve guidare e parlare a nome dell’intero Continente europeo. A questo tende la modifica presentata nell’interesse dei due Stati proponenti ed evita per contro di riesaminare i sostanziali errori della struttura, partita bene con il Trattato di Roma ma deformatasi sempre più negli anni.
Con la loro proposta vogliono l’abolizione del principio di unanimità, unica difesa dei piccoli Stati, anche se talvolta usata pretestuosamente. Ridurre il numero di Commissari, e qui hanno ragione anche se si presentaun problema di equilibrio. Infatti da una prima lettura sembra che con un gioco di commissioni importanti e meno importanti, quest’ultime finiranno nelle mani degli Stati meno influenti.
Ad un primo esame si desume che lo studio si schiera a favore di un’Europa a più velocità e cerchi. Vale a dire con un gruppo di Stati molto integrati, uniti, e pronti a rinunciare a notevoli spazi di autonomia e sovranità a favore dell’Unione. Altri legati ma in modo meno stretto e meno pronti a cedere competenze, ma interessati a collaborare istituzionalmente in alcuni campi ed infine un giro di membri associati.
Questa apparente spinta federalista è illusoria, perché gli Stati che non intendono far parte del nucleo centrale, saranno ammessi negli altri cerchi a condizione di accettare e rispettare i valori istituzionali fissati da Bruxelles, e la possibilità di sanzionare Stati renitenti viene facilitata. Infine il bastone e la carota: sussidi a Stati più deboli sì, ma a condizione che aderiscano e rispettino principi e valori fissati dal potere centrale.
Un’occasione persa di dare al Continente europeo una struttura che rispetti le autonomie ancorate nelle profonde radici storiche, quelle diversità che costituiscono un valore, quella competizione che nel passato ha permesso i successi della nostra cultura, che eviti il ritorno, sia pure in versione moderna, a mentalità di dimensione imperiale.
La Storia d’Europa è caratterizzata dal succedersi del tentativo di una delle grandi potenze europee di ottenere l’egemonia sul Continente. Dal 1500 via, prima la Spagna, poi la Francia, poi la Germania (e Austria), con interventi della Russia degli Zar e comunista, si sono battute, con una serie di conflitti, per dominare il Continente. Sia pure con scadenze secolari queste mireimperiali sono tutte fallite.
Peccato che Germania e Francia non sappiano staccarsi da concezioni (anche se aggiornate) di un imperialismopolitico. Il tentativo fallirà come quelli che lo hanno preceduto.