Ma veniamo al mio sogno. A quello che ho appena fatto. Un brutto sogno. Mi sono sognato Quadranti. Ma non di Balerna, quadranti degli orologi. Di quelli grandi, bellissimi (dello stesso modello ne hanno fatti anche da polso) che si vedono nelle stazioni svizzere. (Pensate, avevano cercato di copiarceli anche gli americani. E non c’era ancora il Trump. Quello è arrivato dopo, quando i suoi connazionali ci avevano già svuotato le banche). Nel mio sogno c’erano però quadranti che non avevano le lancette: quelle stanghette che servono per indicare l’ora, e i minuti. Le ore e i minuti che passano. Che segnano il tempo, e che fanno la storia. Ricordate l’orologio senza lancette che si vedeva in un film di Bergmann? Un incubo. Mi sono svegliato tutto sudato. Ho chiamato la mamma, come quando ero piccolo. Mia mamma è però morta da qualche anno. Quindi nessun conforto, né laico, né religioso. Dopo un po’, con l’aiuto di una pastiglietta ho potuto finalmente tranquillamente riprendere il sonno; pacificamente riaddormentarmi come capita a tanti bravi ebrei, cristiani, musulmani dopo aver recitato in santa pace contriti le loro belle preghiere. Magari qualcuno invocando il proprio Dio affinché gli faccia scoppiare il dì seguente qualche bombetta su vasta folla al meglio. Ma questi son solo dettagli.
Orbene, dopo l’assalto alla pastiglia, il mio sogno è diventato paradisiaco. Non pensiate però che abbia visto e concupito vergini folli. Giammai. Mi sono trovato all’entrata di un Politecnico come matricola nel giorno delle iscrizioni. Avevo deciso di studiare astrofisica. E pensare che quando frequentavo il ginnasio, e nel primo pomeriggio c’erano gli espe di mate, a mezzogiorno mi saliva la febbre – controllata con tanto di termometro al mercurio – oltre i trentotto. Il problema per me ora – nel sogno – consisteva nel dover fare una scelta tra due opzioni: astronomia o astrologia. Capite? E pensare che ero attirato in egual misura da tutte e due le materie. Anche perché in astronomia usano i telescopi. Mentre in Astrologia impiegano i periscopi: quegli strumenti per guardar su e studiare in superficie come avviene la moltiplicazione dei pesci.
Ma io volevo vederci il più chiaro possibile in tutte e due le discipline. Purtroppo però non avevo vie d’uscita. Dovevo per forza scegliere tra due binari, quale treno prendere. Non riuscendo naturalmente a prenderne nemmeno uno. Roba che capita –sia ben chiaro – solo nei sogni. E in più tra Balerna, Lugano– via Borghetto– e Bellinzona–Palazzo del Governo non avevo nemmeno possibilità di scambi. A un tratto però, d’improvviso, mi è apparsa una luce. Un’incredibile luce. Anche se non era di qualcuno che giocava ai dadi. Nemmeno ai Dadò: né Padre, né Figlio. Era dell’Einstein: quello dello spazio–tempo e del tempo spazio. Dove tutto si fa relativo. Ma certo, mi son detto, non può essere che l’anima dell’Albert che vaga sui luoghi del suo passato: al Poli dove aveva studiato prima di finire a Berna a occuparsi di brevetti.
Ma il sogno, sul più bello – roba che capita nei sogni – proprio lì, quando stavo per cominciare a capirci qualcosa, si è purtroppo fermato (era suonata la sveglia). Ma si era fermato anche il tempo.
Orio Galli
(pubblicato nel Corriere e riproposto con il consenso dell’Autore)