di Tito Tettamanti
La società, qualsiasi società, necessita di regole (le leggi), di un’autorità che applichi le regole (il Governo), e di chi sorvegli l’applicazione delle leggi e dirima le inevitabili controversie (la magistratura giudiziaria).
Ora, quest’ultima, in particolare quella penale, nelle scorse settimane ha fatto molto parlare di se da noi in Ticino. I dissidi interni e oltretutto l’atteggiamento di un giudice, inaccettabile perché la volgarità è pari solo alla stupidità, fanno pagine di cronaca sulla stampa locale Che tutto non funzioni per il meglio nella giustizia del nostro Cantone però ne avevamo già sentore. Si è avuta notizia di nomine di nuovi giudici per i quali legittimo è il sospetto che non la competenza ma l’appoggio politico motivassero l’elezione. Anche il fatto che diversi giudici penali nominati in giovane età dopo pochi anni di “apprendistato” escano dalla magistratura per esercitare la professione di avvocato rendono perplessi e legittimano qualche interrogativo. Secondo l’opinione di un noto penalista, da me richiesta, i dimissionari partono perché si rendono conto di non aver la stoffa del giudice, carica troppo ingombrante per loro. Dimissioni e avvicendamenti di giudici creano difficoltà e ritardi, in procedure già molto lente, conseguentemente al passaggio di incarti, all’inserimento di nuove forze inesperte. Anche per questi casi si è stati poco accorti al momento della nomina? Va riconosciuto che ai miei tempi i giudici, molto meno numerosi, grazie alla carica godevano di una dignità sociale oggi scomparsa. Comunque, che da qualche anno le cose non vadano per il meglio pare incontestabile, ciò che preoccupa è la mancata adeguata reazione da parte della politica, che fa pensare oltre alla “culpa in eligendo” a quella “in vigilando”.
Se la cosa può consolarci, i problemi non li abbiamo solo noi, da qualche anno a livello federale si è preoccupati per il “mobbing” nell’ambito del Tribunale amministrativo federale. Siamo giunti al punto che la Commissione giudiziaria del Parlamento ha ora convocato il giudice Jérôme Candrian, sospetto di assenze ingiustificate, ampie estensioni di periodi di vacanze, tentativi di eliminare dal collegio giudicante giudici che non condividevano il suo giudizio. Ma anche la giudice Emilia Antonioni Luftensteiner, sempre dello stesso Tribunale, è sospettata di aver violato la legge in materia di protezione dei dati per danneggiare un collega giudice. Bell’ambientino.
Singolare la realtà della magistratura italiana che potrebbe venir considerata l’espressione di una concezione giacobina della funzione del giudice incline a contestare il potere politico. In Svizzera si chiede ai giudici, indipendentemente dal loro orientamento, discrezione e un certo distacco nei confronti della politica. Molti giudici italiani per contro sono impegnati e attivi ideologicamente e si sono organizzati (cosa pure singolare per noi) in tre diversi sindacati, uno di estrema sinistra, l’altro di sinistra ed il terzo di centro sinistra. Il tutto può suscitare qualche interrogativo. Ognuno in casa propria fa quello che vuole, inoltre la realtà talvolta induce a certe prese di posizione, ma il rapporto conflittuale non penso sia la più proficua delle soluzioni.
Vi è un aspetto nei rapporti tra la società ed i giudici che necessita attenzione. Le leggi (ce ne sono troppe) invecchiano e si dovrebbe decidere che dopo un lasso di tempo vengano abolite, o perlomeno attualizzate. Si parla di “sunset clause”.
Ovvio che i giudici si trovino nell’imbarazzo quando devono applicare leggi se non superate perlomeno invecchiate, non più adeguate rispetto all’evoluzione della società. Comprensibile ed opportuno che il magistrato intelligente ritenga suo dovere di usare la sua posizione per un’interpretazione più lata e più corrispondente ai tempi.
Per contro, purtroppo, vi è una corrente della magistratura, anche da noi in Svizzera, che ritiene di praticamente mettere fuori corso parte di certe leggi che si considerano superate per sostanzialmente innovare applicando norme di nuovo conio corrispondenti al proprio orientamento ideologico.
Ciò non è accettabile perché sovverte il rapporto tra il potere legislativo e la magistratura, conferisce ai giudici una competenza, un potere, che esce dal loro mandato e che insidia e mina la democrazia violando la separazione dei poteri.
Caso esemplare quello dei giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Si tratta di attivisti, di politici, portatori di idee estreme, anche se rispettabili, che in virtù e approfittando della toga di giudice si arrogano il diritto di emanare nuove regole di comportamento (leggi) senza che le stesse abbiano seguito l’iter democratico ed avuto il consenso parlamentare. Fortunatamente, contrariamente ai preoccupanti entusiasmi del Consigliere federale Jans, il Consiglio federale ha reagito in modo deciso nei confronti dei giudici attivisti del Lussemburgo, autori dell’infelice e balorda sentenza contro la Svizzera a proposito di clima contestandone sostanza e formulazione.
Vediamo di sistemare urgentemente i problemi di casa nostra, ma non dimentichiamo che le gravi insidie vengono dai giudici che si ergono abusivamente a legislatori quali quelli del Lussemburgo.